AMERICA CENTRALE - AGOSTO 1992

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Brutalmente scaricati dai nostri autisti in una torrida mattinata d'agosto, ci ritroviamo in quel di Linate, più assonnati che eccitati, ad iniziare il nostro pellegrinaggio verso la cultura e l'arte Latino Americana.

Breve sosta a carattere culinario con plauso sincero ai signori salmoni presenti all'aeroporto di Londra e balzo definitivo verso Miami.

La capitale della melassa spalmata anche questa volta non ci delude, accogliendoci tra le sue umide braccia per il primo contatto americano dei valorosi Marella e Manlio.

Tour by night passando nella chiassosa Bay Side e rapido ripasso di quel che vuol dire vedere delle belle ragazze, con struscio in Ocean Drive tra numerose discoteche all'aperto.

Primo forzato stop, causa non ben precisato over-booking che ci costringe a prendere l'aereo per Cancun con più di tre ore di ritardo, il tutto però viene dimenticato con una pantagruelica colazione stile Asterix ed Obelix.

Con qualche difficoltà, riusciamo a scegliere la macchina con cui visitare il misterioso Yucatan e lasciando Cancun alle nostre spalle, incontriamo spiagge bianchissime e mare decisamente splendido in località quali Playa del Carmen ed Akumal.

Tulum, prima tappa odierna è affascinante, due templi costruiti a dirupo sul Mar dei Caraibi tra vegetazione rigogliosa e lembi di terra bianchissima sono per noi una visone straordinaria.

Accompagnati dall'immancabile pioggia torrenziale del primo pomeriggio, tipica delle tappe di trasferimento, scattiamo prontamente al via della Viareggio-Bastia-Viareggio, o almeno qualcosa di simile appare ai nostri occhi la strada canale che ci porta tra villaggi tristissimi e frazioni abbandonate in quel di Chichen-Itza.

Quella che doveva considerarsi una pennichella prima del thé pomeridiano, si è invece rivelato un sonno marmoreo che ci ha fatto riaprire gli occhietti direttamente la mattina successiva.

Dopo il primo tentativo di visitare furtivamente la zona archeologica andato a vuoto, finalmente un vero spettacolo si para di fronte a noi: il tempio dei giaguari, il tempio dei guerrieri, le mille colonne, il gioco della pelota, l'imponente Castillo sono luoghi fantastici che suscitano in noi vera meraviglia.

Col personaggio del giorno, il mitico Jorge guida poliglotta dal fare partenopeo, visitiamo queste rovine Maja e Totlteche di enorme interesse ed indubbio fascino.

Tre ore tra strade desolate e baracche abbandonate ci permettono di raggiungere Cancun, punto di partenza del nostro mini-tour, andando immediatamente a riempire le nostre pance da dromedari affamati in quel del Club Mediterranée ( Caprotti siamo a due in due anni !! )

Club Med, Club Med, forever Club Med, mai invenzione fu più apprezzata da torme di giovani o pseudo tali che riescono a trovare sole, sport, salute, simpatia, e... ulteriori sorprese.

Cancun ben presto diventerà un'altra provincia americana, gruppi di mandriani a stelle e strisce invadono sempre più gli enormi e modernissimi alberghi rischiando di deturpare questa bellissima lingua di sabbia.

Grande sorpresa nello scoprire che dietro l'enigmatico nome di snorkeling si celano solamente pinne, maschera e boccaglio per mostrarci i favolosi fondali di queste piscine ricolme di pesci tropicali.

Sole a go-go, mangiare a iosa, relazioni pubbliche senza limite ci permettono di ammortizzare al massimo il costo del biglietto in questo parco dei divertimenti.

L'alzarsi alle quattro viene inizialmente assorbito con facilità dai cinque personaggi in cerca di fama diretti verso il Guatemala.

L'arrivo nella capitale è caratterizzato dal contatto con una temperatura polare, che ci terrorizza al pensiero di dover passare dieci giorni a circa 2000 metri d'altitudine.

Gran dormita al Conquistador e pomeriggio con passeggio nelle avenidas di questa città triste, povera, inospitale e priva di note di rilievo.

La ricerca del ristorante serale ci riserva la prima, ma non ultima, grande paura del viaggio: fermati per un controllo veniamo scortati fino all'albergo da tre poliziotti armati fino ai denti ma assolutamente inesperti e perciò altamente pericolosi.

Prima del rompete le righe, su esplicita richiesta di Marella, tutti a vedere degli spogliarelli in due allucinanti "night" dove alcuni capodogli arenatisi sulla costiera pacifica mostravano le loro pachidermiche nudità.

Imboccando la carretera verso Ovest, lasciamo la città e raggiungiamo in alcune ore Puerto San Josè, principale avamposto guatemalteco sul Pacifico.

In verità stravaccarsi sul tetto del Toyotone, sulla battigia di sabbia nerissima di origine vulcanica, a contatto con onde di una notevole dimensione, è stata esperienza gradita.

Aragosta alla piastra e gamberetti come se piovesse hanno riempito le nostre fauci spalancate in un ristorantino che in Italia avremmo sorpassato con incredibile disgusto a causa delle condizioni sanitarie per lo meno discutibili.

Il nostro Conducator Andrea, proclamato capo carovana per acclamazione, districandosi abilmente per quartieri malfamati e chiassosissime avenidas, ci allontana dal traffico caotico della capitale per portarci per mano, come bravi bambini al primo giorno di scuola, ad Antigua, antica capitale distrutta più volte da furibondi terremoti.

Alloggiati in un angolo di paradiso considerando le condizioni generali del territorio, visitiamo la città, caratteristica, affascinante, attraente, emozionante.

Veramente riusciamo a toccare con mano la realtà vista tante volte nei film, girovagando senza meta tra palazzi distrutti, chiese ed abitazioni di tipico stampo coloniale della fine del Settecento.

Lasciamo Antigua, dominata da due minacciosi vulcani ancora attivi che sembrano desiderosi di farci vedere cosa hanno nelle loro viscere, per dirigerci verso il lago Atitlan o meglio verso quella che doveva essere la nostra destinazione, raggiunta con diverse  ore di ritardo causa cambiamenti di rotta tra dirupi spaventosi, strade intransitabili e valichi sconosciuti causa nebbione impenetrabile stile risaie della cara valpadana.

Sulle orme del nostro capo, ormai abilissimo nel mercanteggiare, ci imbarchiamo su un piccolo naviglio per visitare i dolci declivi e le verdi vallati intorno al lago, sempre più simile ad una cartolina spedita dai monti della cioccolatosa Svizzera.

San Antonio Palopo, San Lucas, San Pedro, San José e naturalmente San Siro Meazza sono incantevoli, incastonati tra una vegetazione lussureggiante ed uno specchio d'acqua veramente pulito.

I due vulcani gemelli, fortunatamente per il momento inattivi, ci sormontano durante la nostra navigazione lacustre che verso la fine assume i contorni del passaggio di Capo Horn causa sferzate di vento polare e spruzzi d'acqua solidificata in ghiaccio puro.

Da noi la chiamano indisposizione intestinale, in Messico vendetta di Montezuma, in Guatemala ora verrà ricordata come saluto a Manlio....

Prontamente ristabilitosi con una dose da cavallo di antibiotici, il prode Manlio è pronto a riaggregarsi alla truppa beatamente appisolata sotto il sole tropicale.

Dopo aver sperimentato come vecchi papponi le piscine termali e dopo che Paolo aveva incontrato alcuni pinguini durante la sua nuotata in un lago a 1800 metri di altitudine, attraversiamo una regione molto simile alle nostre amate Alpi per giungere alla leggendaria Chichicastenango o, come viene immediatamente denominata dal nostro capo, Cicisalcazzo.

Pomeriggio veramente godurioso sotto il sole, grande smazzata da incalliti biscazzieri e pappa nel caravanserraglio della piazza centrale già in subbuglio per il mercato del giorno successivo.

La nomea di questo villaggio è conosciuta in tutto il Centro America per via di un incredibile mercatino multicolore, invaso da un incalcolabile numero di italiani alla ricerca di tutto e forse anche di qualcosa di più.

Sicuramente caratteristico, è ormai troppo inflazionato, i prezzi più elevati che in altri paesini, la possibilità di contrattazione praticamente inesistente.

In ogni modo riusciamo a saccheggiare un bel po' di mercanzia che ci renderà ancora più angusto il viaggio verso la capitale.

Domani ci attende il trip culturale verso Tikal, conosciuta come la Pompei d'America, per ora il giudizio sul Guatemala è molto più che positivo: abbiamo apprezzato la natura, l'arte, i paesaggi, la popolazione, in pratica tutto.

I sopravvissuti, tranne Manlio e Marella assenti senza giustificazione dei genitori, vengono assorbiti da un gruppo vacanze Piemonte con destinazione Flores-Tikal e catapultati ancora  a notte fonda verso l'impervia e misteriosa  regione del Peten.

Resti Maja decisamente attraenti, piramidi e templi immersi nella più profonda foresta o, come dice la solita italiana ignorante al terzo tentativo da queste parti, iiiungla..

Spettacolare l'attraversamento delle rovine tra rumori agghiaccianti, sibili assordanti, stridori incredibili causati da ogni forma di animale, di rettile, di volatile, di insetto.

Siamo vivi, siamo vivi, non so esattamente quello che scriveremo e racconteremo ai nostri nipoti ma l'euforia e la gioia sono tali da giustificare ogni espressione.

Annebbiati dal sonno e con un velo di tristezza per l'abbandono del Capo, rientrato nell'italica penisola per misteriosi impegni, facciamo in tempo a succhiare avidamente una caramella che già ci troviamo sopra a San Salvador e qui scatta il panico.

Dopo alcuni girotondi sopra l'aeroporto, ci viene candidamente annunciato che effettueremo un atterraggio di emergenza, ci raggomitoliamo, ci stringiamo, ci abbracciamo, ci guardiamo a vicenda sentendo il capitano dire di abbassare la testa e di prepararsi all'impatto causa bloccaggio dei carrelli.

Breve analisi di coscienza e prima di dover rivelare ogni  peccato terreno eccoci inchiodati sulla pista.

Sicuramente questo episodio ci segnerà a lungo, in ogni modo non facciamo a tempo a fiatare e soprattutto a mettere un piede a terra che siamo di nuovo su un aereo della famigerata Taca.

Ogni persona, ogni occasione è buona per raccontare l'avventura e forse anche per dimenticarla in fretta.

Tra united colored e enormi militari dell'U.S. Air, prendo una piroga trasformata in potente off-shore per attraversare il golfo, bordeggiare alcune isolette e raggiungere il reef, seconda barriera corallina al mondo

che si estende per 135 miglia a circa 200 metri da questa infinita serie di atolli ricoperti di fittissima vegetazione.

Le premesse erano sicuramente superiori, ma un sole veramente bastardo, secondo nota definizione del Dott. Manlio, mi riconcilia con il posto e mi abbrustolisce a puntino.

Non contenti di aver preso le più assurde carcasse volanti del Centro America, ecco gli impavidi imbarcarsi su un volo della Tropic che giunge in un campo di patate chiamato aeroporto di Cayo Ambergis San Pedro.

Hotel più che degno di nota, super bungalow sulla spiaggia, palme a go go e sole accecante lievemente attenuato da una brezza mattutina.

Finalmente mangiamo una aragosta come Cristo comanda e felici e contenti ci affidiamo alle braccia di Morfeo.

Dovranno essere pur famose per qualche cosa queste isolette e cercando cercando finiamo in un parco naturale da lasciare allibiti, non avremmo mai pensato di trovare una simile quantità di pesci, coloratissimi, enormi, fantastici, inseriti in un contesto di barriera corallina che ci ha resi euforici dalla sorpresa fino a quando la sagoma di uno squalo ci ha raggelato.

Superato lo choc abbiamo ripreso con le funzioni vitali e i battiti cardiaci notando cernie di dimensione umana e branchi di barracuda fino a rincontrare anche il nostro amico squalo che il buon Paolo, aspirante mutilatino, ha provveduto bene ad accarezzare sulla schiena.

Preso l'abbrivio non ci fermiamo più ed allora con un paio di ciche spagnole e due dottori pavesi, ci fiondiamo nella laguna retrostante per dare ampio sfoggio delle nostre doti sciistiche, ampiamente limitate dal terrore di toccare  un'acqua infestata da fameliche pulci e assetate sanguisughe.

L'isoletta è comunque molto tranquilla, l'accoglienza buona, la quantità di cibo commestibile più che sufficiente.

Si dice che l'ospite sia come il pesce e perciò prima di sentirci dire che puzziamo alziamo le tende e lasciamo l'isola per ritrovarci con la solita cappa di umidità e di calore soffocante a Miami.

City tour e prima che calino le ombre della notte mettiamo le gambe sotto il tavolo di Hutter's, epico e mitico locale entrato nella leggenda per la presenza di una ventina di cameriere pin-up con calzoncini mozzafiato.

Finiamo di farci del male passando la serata in Ocean Drive, trasformandoci in mostri dai mille occhi per vedere il ben di Dio femminile che ci si para davanti. Legge ferrea: guardare e non toccare!.

Abbandoniamo Miami in preda al caos, l'arrivo di un uragano micidiale previsto in giornata sta creando problemi enormi, panico e stress in questo borgo che abbiamo molto apprezzato.

Lunga attesa e prendiamo l'ultimo decollo prima che vengano chiusi baracca e burattini.

Scaricati alla meglio a Providenciales, veniamo catalogati e marchiati con un braccialetto stile ospedale pediatrico nel Club di Turks and Caicos che ci appare un miraggio dopo tanto girovagare.

Posto splendido, spiaggia notevole, acqua stile sorgente alpina, fauna decisamente attraente e soprattutto molto disponibile al rapporto interpersonale.

Come bambini in un negozio di dolciumi ci lanciamo avidamente sugli immensi banchetti stile Re Sole offertici dal Club, comprendenti ogni ben di Dio e solamente sognati durante il viaggio.

Ogni attività viene intrapresa o almeno provata per cui ci ritroviamo allo sci nautico, alla vela, alle immersioni, alle arti applicate, alla palestra, alle lezioni di massaggio.

Questa volta quanto non mai il tempo passa inesorabile e purtroppo questa sosta flash si conclude con una lunga serie di rimpianti per tutto ciò che lasciamo in questa isola incantevole.

Ignari di tutto ciò che ci aspetterà siamo in attesa di prendere un turbo uccello volante della Carnival per raggiungere quelli che saranno i resti di Miami, distrutta dal tifone e saccheggiata dai predoni.

Ci accingiamo a terminare il nostro trip e perciò è necessaria una nota particolare sui termini usati più frequentemente durante il nostro peregrinare: perdona amigo, attento, Xuxa, bastardo, minchia, mayalands, maranza, sclerare, capo, ribaltare, more after, Cicisalcazzo ci hanno fatto compagnia in queste tre divertentissime settimane.

Immagini surreali e visioni assurde ci vengono mostrate continuamente di quella che era una volta Miami, ora capiamo quello che vuol dire far arrabbiare l'uragano Andrew: il venticello cattivo ha provveduto a scoperchiare  case, abbattere alberi, affondare barche, distruggere palazzi, ridisegnare l'aspetto di quella che solo tre giorni fa appariva l'affascinante Miami.