ATENE - GENNAIO 2008

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Mentre su Milano scendono copiosi i primi batuffoli cotonati di acqua solidificata, riteniamo opportuno iniziare con il piede giusto lo scoccare del primo di gennaio ed allora, giusto per tener fede ai detti popolari e per non smentire la nostra vena raminga e randagia, “partiamo a Capodanno altrimenti non partiamo più” per tutto il susseguirsi dei dodici mesi che caratterizzeranno questo 2008.

Praticamente rintontiti dall’incessante calata di calorie propinateci durante le feste, memori di deliziose leccornie e di sopraffini manicaretti, preparati con fantasia, passione e tanto olio di gomito e non di ricino, abbandoniamo le valli bergamasche teatro del nostro count-down di San Silvestro presso affettuosi ed ospitali compagni di bisbocce e replichiamo l’esperimento di sottoporre i prodi ( oh Dio con i tempi che corrono forse non è il complimento migliore da fare a Nico e Tommy) bimbi ad una full immersion d’arte e cultura.

Dopo le riuscitissime esperienze agli eleganti castelli della Loira, alla maestosità del Louvre, al fascino infinito di Parigi, alla classe di Firenze, all’eleganza di Siena, alla quiete della campagna toscana, all’immortalità di Venezia, il richiamo della culla della civiltà moderna, della fonte del sapere comune, della più ampia testimonianza architettonica-artistica mondiale si fa assillante ed eccoci calamitati vertiginosamente verso Atene.

Non ci addentriamo nell’attuale bagarre politica che sembra considerare la realtà ellenica addirittura superiore al presente vivere tricolore, ma il primo impatto ci permette di toccare con mano ordine, pulizia, educazione, disponibilità addirittura nei taxisti fuori dall’aerostazione, benché poi dopo riteniamo di essere turlupinati da uno di essi che ci estorce in maniera probabilmente esagerata del vil denaro.

Lasciamo i bagagli, o per meglio dire il singolo sacchetto di stretta sopravvivenza che ci siamo portati in spalla, nell’ennesimo gioiellino trovato in rete dall’ormai specializzatissima Annie, albergo ubicato in centro che più in centro non si può nell’ombelico della capitale ed immediata sgroppata nell’intricato dedalo di viuzze della Plaka, quartiere storico pulsante e palpitante.

Spendiamo qualche spicciolo per i necessari ricordi souveniristici, assolutamente e platealmente più convenienti che i pari grado ritrovabili in giro per l’Europa e ceniamo, pur con un certo groppo alla gola dovuto ad emozione e stupore, su dei tipicissimi tavoli all’aperto di chiara connotazione greca proprio alle propaggini della sacra Acropoli, nonostante il calendario indichi il due di gennaio.

Cerchiamo di seguire alla lettera i consigli di un carissimo amico monzese, quarantenne anagraficamente parlando ma ottuagenario nei modi e nei fatti, rallentando il ritmo di azione pedestre, pur sempre consci della necessità di ottimizzare l’ammortamento dell’esborso monetario del viaggio.

Una più che lauta colazione è corroborante dopo circa undici ore di nanna ed allora caricati come roditori meccanici iniziamo la risalita della venerata collina che si staglia nel cielo terso della mattina ateniese.

Annie, giusto per non perdere le buone abitudini, da un’occhiata volante alle cartine toponomastiche, memorizza il tutto e senza sbagliare un colpo ci porta a spasso per vestigia, rovine, siti archeologici, testimonianze di un passato plurimillenario ma facilmente ipotizzabile grazie a reperti dalla bellezza entusiasmante.

Raggiungiamo l’Acropoli, varchiamo con fare solenne l’entrata principale dei Propilei ( copia mal riuscita del faraonico ingresso della magione gallaratese del mitico Gasparoli ) e sinceramente un singulto di emozione e commozione sconquassa le nostre persone al cospetto di cotanto splendore.

Interminabili lavori di ristrutturazione, orride gru ed ignobili ponteggi deturpano e lacerano la maestosità di questa visione unica al mondo, facciamo finta di niente, voltiamo di qualche grado lo sguardo e ci immaginiamo tutto lo splendore che faceva di questi luoghi il centro del pianeta circa duemilacinquecento anni orsono.

Sarebbe necessario ora aprire un intero capitolo dedicato a quanto ammirabile sulla sommità della mitologica collina, dilungandosi con intere dispense dell’enciclopedia dell’arte e dell’architettura nella descrizione minuziosa del Partenone e del terrazzo delle Cariatidi, ma la mia inadeguatezza in tema mi consiglia di limitare giri di parole, iperboli ed esagerazioni, sintetizzando immagini, sentimenti ed emozioni in un’unica affermazione: INDIMENTICABILE !!!.

Uno splendido sole, decisamente apprezzatissimo soprattutto in considerazione delle perturbazioni attualmente stanziate sull’amata Padania, illumina di immenso un paesaggio già di per sé al di fuori dal comune ed ecco allora le meravigliose colonne del tempio di Zeus Olimpio tingersi di tonalità tenue, pastello, cangianti in un continuo susseguirsi di magnifiche sfumature.

Un quartierino, Monastiraki,  tutto luci, negozietti, sorprese ed attrazioni ci affascina nella nostra uscita serale alla ricerca del sostentamento alimentare che viene completato in una taverna a dir poco caratteristica posizionata, ca va sans dire, sotto gli illuminatissimi e quanto mai mozzafiato blocchi di marmo che costituiscono uno dei monumenti più famosi e più fotografati ( almeno da noi) presenti sul pianeta terra.

Nota caratteristica della realtà commerciale locale: non appena chiudono le vetrine più glamour delle boutique più sfavillanti ecco materializzarsi dal nulla decinaia e decinaia di pataccari molto abbronzati ( quanto sono diventato politically correct) che a prezzi praticamente irrisori continuano le vendite anche fuori orario canonico ( la lunga, severa mano moralizzatrice dell’autorità attualmente applicata da un fraterno amico ora vicesindaco in quel di Monza sembra lontana anni luce….).

Dopo un’iniziale schermaglia famigliare circa la scelta del pasto serale, affondiamo mandibole e mascelle in pietanze tipiche a dir poco saporite e speziate, con tocchi di cipolla e di cetriolo di dimensioni cubitali, mentre rimaniamo attoniti e perplessi al cospetto dei nostri dirimpettai di tavolo che decidono di rifocillarsi con cappuccino caldo e sangrila, nel vano tentativo di battere il record mondiale di mix alimentare detenuto dal grande Nic, imbattibile con la sua focaccia alle cipolle, panino con salame, cereali con latte il tutto innaffiato da cioccolata con panna.

Se ieri ci abbiamo dato dentro rasentando vesciche e duroni agli arti inferiori per non perdere un fregio ionico, un frontone dorico, una colonna bizantina, un tempio tetrastilo anfiprostilo, un capitello miceneo, un’agorà corinzia, oggi è il turno della gita fuori porta ed alla luce del fatto che son passati 20 anni per Annie e circa 35 per Paul dalla precedente tacca in questa parte di  terra bianco-celeste affittiamo una macchina per girare in lungo ed in largo la capitale, enorme, fin troppo vasta, in tante sue parti addirittura insignificante e poco attraente, per poi rimanere a bocca aperta, per non dire spalancata quando notiamo un gioiello imparagonabile o un tesoro impagabile.

Passiamo dal Pireo, interminabile porto al cui confronto Genova sembra il riparo delle paperelle nella vasca da bagno, con le sue decine di traghetti già con le prue dirette verso le incantevoli isole delle Cicladi, e percorriamo tutti i bordi della penisola Attica per raggiungere la sua estrema propaggine, al cui vertice massimo si staglia, come una polena che affronta i flutti ribollenti del mare Egeo al rientro della flotta vittoriosa dal trionfo sui troiani, il  meraviglioso tempio di Poseidone, ovviamente Dio del mare.

Il paesaggio è assai brullo, il vento tagliente più adatto probabilmente alle latitudini delle infinite pianure argentine della Terra del Fuoco, le minuscole, incantevoli calette che punteggiano la costa ci permettono comunque di immaginare senza grande difficoltà il meraviglioso insieme che si prospetta sotto l’accecante sole ferragostano, facendoci balenare ben più di un prossimo programma vacanziero.

Finalmente ci impantaniamo nel famoso traffico ateniese, in realtà assai meno caotico di quanto prospettato e temuto: anni ed anni di approfondito studio di filosofi e storici indigeni permettono ad Annie una reminescenza della lingua madre di tutte le lingue, dandoci così la possibilità di interpretare indicazioni altresì arcaiche ed incomprensibili, girando così a piacimento fino al calar delle tenebre.

Il morbo del moto perenne sembra averci contagiato ed allora la Signora della comitiva, ovviamente nominato capo gruppo ad honorem per meriti orientativi, si diverte a farci gironzolare senza un apparente fine, obiettivo, traguardo con il risultato di aprirci la mente verso nuovi orizzonti e di costringerci a tapparci le orecchie causa epiteti scurrili e volgari dei due pargoli cui è salto il nervo causa eccesso di dinamismo.

Siamo quasi all’epilogo, domani è prevista, salvo sollevazione popolare con annesso colpo di stato da parte dei teorici sottoposti minorenni, la vista al museo archeologico dalla strabiliante nomea artistica, qualità che riveste un po’ tutta la città benché l’immagine recentemente truccata ed imbellettata causa giochi olimpici lasci più di un segno di arretratezza e mancato sviluppo.

Non possiamo esimerci dall’ennesima mangiata, mai come in questa occasione abbiamo ecceduto in cibarie e l’ultima cena nella terra dei vari Sofocle, Aristotele, Platone, Eschilo ed Euripide non è stata da meno costringendoci a gongolare e rotolare verso l’hotel, ovviamente chiamato Hermes, con ventri dilatati da ogni tipo di carne alla griglia.

Ci siamo fasciati la testa troppo presto, senza alcuna ritrosia e quasi quasi spinti dal fuoco sacro verso la cultura, i ragazzi visitano con interesse e partecipazione la raccolta infinita, unica ed inestimabile di testimonianze di quanto il mondo fosse migliore più di due millenni fa: è praticamente impossibile tratteggiare le qualità e le doti di coloro che con maestria infinita e con capacità a tutt’oggi inimitabili crearono capolavori scultorei, accessoristici ed artigianali senza paragoni nel conosciuto umano.

Lanciamo l’ultima occhiata alla mitologica Polis, veniamo salutati da un affettuoso sole che ci accompagna nella lunghissima camminata verso il cuore della capitale, con necessario passaggio dal trendissimo quadrilatero di Kolonakis,  ammiriamo una volta in più i due burattini conciati come dei pagliacci che effettuano il cambio della guardia davanti al Milite Ignoto ed imbocchiamo mestamente il tunnel della metropolitana che ci porterà all’aeroporto dopo quattro giorni epici, degni di una di quelle leggende che hanno reso memorabile la storia ellenica  ….