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Volare, oh oh , volare, oh oh, niente può essere più indicato per presentare l'ultima, assurda idea di Annie e Paul: i fenomenali Caprotti colpiscono ancora e viziati dal mitico Giorgino si catapultano sulla prima fortezza volante diretta ad Honk-Kong.
Breve stop nella capitale olandese, che ebbe il torto di dare i natali al triste Bergkamp, ed eccoci nel centro economico-finanziario del sud-est asiatico.
Arrivo brivido tra balconi fioriti e terrazzi coltivati della verdeggiante metropoli ( un albero ogni tre milioni di abitanti) ed immediato tour de force tra grattacieli, centri commerciali, banche, società assicurative e agenzie immobiliari, tutte in grande odore di fuga a gambe levate per l'arrivo del compagno comunista previsto per il 1997.
L’amena e spirituale località è intrigante e coinvolgente, unica nota dolente la presenza asfissiante, imbarazzante, ossessionante di soli 6 milioni di gialli concentrati in un fazzoletto di cemento sui due lati di un canale di scolo per rifiuti industriali.
Bianco Natale, recita una famosa filastrocca per anni inculcata a forza nella mente di inermi pargoli, ma niente di tutto ciò ci si para davanti alle pupille: un sole accecante ci accoglie al nostro primo contatto con il suolo australiano il giorno della più sacra delle ricorrenze.
Melbourne prima tappa del giro parrocchiale è la città troppo... tutto.
E' vastissima, è pulitissima, è verdissima, è organizzatissima, è accoglientissima, è desertissima.
Adesso, all'ora del the al meeting domenicale del dopo partita, ritirata generale in branda in vista del sopralluogo di domani alla costiera pacifica della regione di Victoria.
Tredici ore e cinquantacinque minuti non è la durata dell'ennesimo volo intercontinentale quanto bensì il periodo passato con le palpebre ben serrate dai due lessi che hanno così recuperato la fusione da trasvolata.
Arzilli e pimpanti abbiamo così deciso di passare una giornata di quiete e di riposo sciroppandoci 528 chilometri di Surf Coast per dare un occhio ai dintorni.
Il paradiso delle tavole a vela, bello a vedersi, è da ricatalogare sui depliants causa onde alte qualche millimetro, mentre la Great Ocean Drive è molto paesaggistica, suggestiva, stradalmente eccessivamente tortuosa (stile discorso del Gasparoli sulle sue prospettive matrimoniali).
Il parco nazionale di Port Campbell è straordinario, altissime scogliere a picco sul mare, profonde insenature, imprevisti dirupi e dodici faraglioni al cui cospetto quelli di Capri sembrano castelli di sabbia valgono tutto il viaggio nella regione.
Rientro in tempo per una visita architettonica ai grattacieli avveniristici, alle casette vittoriane stile New Orleans ( senza trovare Ylenia ), alle dimore hollywoodiane, alle ville patrizie di quella che è considerata la città più vivibile del mondo.
Pigrizia e rilassamento non riescono ad entrare nel nostro vocabolario e perciò con sveglia ad orario da nottambulo riminese ci fiondiamo sulla pista di decollo destinazione Sydney.
All'arrivo riusciamo a provare tutto l'arcobaleno delle previsioni e realizzazioni metereologiche passando da una pioggia tropicale, ad un vento boreale, ad un sole australe, il tutto condito ed assaporato durante le solite, estenuanti sgroppate in giro per ogni vicolo, viottolo, spiazzo, rialzo, traversa, incrocio, sopraelevata, scalinata, ponticello.
Abbiamo visto tutto, soprattutto troppi gialli, con Annie al settimo cielo e mezzo per l'incontro con koala, saltellanti, tigrotti e tutta una serie di svolazzanti e striscianti esserini.
Paul, tanto per cambiare, è salito su ogni tipo di soppalco o belvedere al di sopra dei due metri, riuscendo a fotografare anche il di più per la somma gioia di Simone che per sopportare il supplizio diapositivistico sta già preparando una serie di accrediti, finanziamenti e fidejussioni a suo favore.
L'impressione è più che positiva, note di plauso per ordine, pulizia, organizzazione e soprattutto per la spiaggia di Bondi, alternativo e trasgressivo teatro di rivolte giovanili in questo pezzo di Svizzera sub-tropicale.
Riprendendo da dove ci eravamo assopiti, cioè sotto l'accecante stella, eccoci in barba alle inattendibili previsioni locali screpolarci il primo strato di cute sull'ormai familiare bagnasciuga di Bondi, con i suoi folli pattinatori, i suoi incoscienti ciclisti, i suoi intrepidi e decisamente affascinanti surfisti (ragazze italiane accorrete, c'è molta carne al sole !! ).
Ennesima toccata e fuga fotografica alla baia dell'Opera House (trema Simone, trema) e primo consuntivo dell'esperienza a Sydney: sicuramente luogo meritevole per il week-end, consigliamo però di cenare al Carillon di Paraggi per evitare le code al rientro sulla Serravalle, clima e flora sicuramente appaganti, fauna umana femminile decisamente al di sotto delle aspettative (Galliani non venire fin qui, non si broccola!!).
Continuando con la loro infinita modestia ecco gli australiani chiamare Melbourne la più vivibile metropoli al mondo, Sydney la più bella città al mondo, Brisbane il più accogliente agglomerato urbano del pianeta.. sarà ma almeno nell'ultimo caso questo insieme di edifici appollaiato lungo un fiume ci appare completamente deserto e disabitato al punto da metterne in dubbio il riconoscimento del termine di città avvenuto da qualche anno (prima era considerata alla stregua dell'odierna Gallarate, un semplice villaggio).
E' necessario aprire un capitolo su Annie: inimitabile dipanatrice di grovigli stradali, preziosa collaboratrice fotografica, attenta osservatrice dei limiti di velocità (eventuali sgarri venivano segnalati con acuti degni della Callas dei tempi migliori), acerrima sostenitrice dell'assoluta infondatezza dei consigli e delle informazioni gentilmente donateci dagli ospitali indigeni, scopritrice di ogni stazione radiofonica sulla lunghezza d'onda di koala e canguri, si dimostra sprezzante alle fatiche ed alle difficoltà, risultando capace di sopportare ogni tipo di sbattimento.
Spronati da incoraggianti cartelli stradali che rammentano al viandante che il guidatore assonnato muore e che è meglio arrivare alla meta in ritardo ma vivi che puntuali ma morti, ci sciroppiamo altri 300 chilo-chilometri per raggiungere la Gold Coast, infinita spiaggia tappezzata da mega-palazzoni stile Montecarlo ideati da un geometra di Gemonio, ove completiamo l'arrostimento sulla graticola delle nostre povere membra già ben rosolate.
Incredibile la mancanza assoluta di infrastrutture logistiche, di bar, ristoranti, vecchiette dimenticate, bambini petulanti e piagnucolanti, altoparlanti gracchianti, venditori di tutto e di niente, di stabilimenti balneari modello Bellavista o Mariuccia.
Estenuante tensione per problemi all'aviogetto (sostituzione nientemeno che del radar) e arrivo nel forno a microonde di Cairns per il veglionissimo 1995/1996.
Abbiamo passato il Capodanno più faticoso della nostra esistenza terrena: un'impresa titanica è stata compiuta per evitare il ricevimento del Giangi, il ritrovo della Ruri, il meeting dalla Jaja, il vernissage dalla Kikki, la festa a sorpresa da quella parvenue della Cocca, lo spettacolo pirotecnico da quell'arricchito del Momi, la solita, abituale e scontatissima lotteria di fine anno dall'ormai out Bubi.
Eccoci dunque, allo scoccare del mitico rintocco, a passeggiare a piedi nudi sulla calda sabbia di una spiaggia australiana, cercando di assaporare ogni istante di questa esperienza sicuramente irripetibile e, soprattutto, quanto mai alternativa.
Con tutta una serie di fortunate e non concatenate coincidenze raggiungiamo i limiti settentrionali della costa del Queensland, andando a spaparanzarci in un mega-iper-super-fanta complesso alberghiero situato a Port Douglas.
Causa meduse di dimensione extra-terrestre, create dalla mente perversa di qualche ingegnere locale colpito da insolazione cocente, anche qui ci è vietato immergersi nelle chiare e fresche acque, onde per cui passiamo il nostro dolce ozio ai bordi di una lussureggiante piscina con isolette, palme, cascatelle, idromassaggi e ... soliti gialli quanto mai brutti.
Interminabile promenade serale per giungere in centro città e ulteriore dubbio sul concetto locale di polis, trovandoci di fronte una volta di più a qualche decina di villette con piscina annessa e connessa, fronteggiate dall'immancabile strage del sabato sera del dopo discoteca di enormi rospi spiaccicati, al cui confronto il buon Dini appare veramente il Principe Azzurro.
Incaricati dall'azienda del turismo di delineare un profilo della vita serale in loco, eccoci superare la fatidica barriera delle otto di sera, abituale inizio della nanna, per poter estrapolare ed evidenziare i tratti, gli usi ed i malcostumi del divertimento notturno australiano.
Pur con tutta la buona volontà non riusciamo ad occupare più di venti minuti per capire l'antifona del niente e del nulla assoluto e la Provvidenza ci aiuta ad evitare commenti ad alta voce sugli unici due sfigati nottambuli, atrocemente targati Italia, al cui confronto Fantozzi è Antonio Banderas e la Pina Sharon Stone.
Il vecchio detto popolare, rimembra che non tutte le ciambelle vengono con il buco, è quello che ci appare stamattina quando, infoiati per il trip sulla barriera corallina, abbiamo alzato il naso e, apriti cielo, ecco le cataratte del Nilo riversarsi su di noi che avevamo rinunciato al tour ieri poiché insicuri a causa di qualche rado cumulo-nembo nel terso orizzonte australiano.
Ed invece invocazioni, scongiuri e fatture di Annie ci hanno permesso la solita scottata al rosmarino, parzialmente raffreddata da numerosi ciuffi in un’acqua favolosa, tra pesciotti di dimensione umana, tra coralli di ogni sfumatura, colore e tonalità, sopra fondali e sabbie quanto mai attraenti.
Meditazione serale: mai dire mai, soprattutto in presenza delle catastrofiche previsioni dei Bernacca locali e della nostra sfacciata fortuna in campo meteorologico.
Lasciando tra le lacrime di Annie questo posto quanto mai rilassante e soprattutto i suoi guardacoste quanto mai attraenti, facciamo un rapido dietro-front con destinazione la solita, cara, amatissima Milano che raggiungiamo con un escursus di soli 35 gradi centigradi dopo l'incredibile bagno di folla, di razze, di popolazioni, di stirpi e di tribù che pascolano per l'aeroporto di Honk-Kong.