BELGIO OTTOBRE 2019

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Ognuno di noi ha il suo personalissimo modo, metodo e soluzione, almeno auspicata, per affrontare problemi, ostacoli, difficoltà, criticità: in un periodo particolarmente complesso e irto di ogni fattispecie di complicazione, il mio rimuginare cerebrale, attività in servizio continuativo all day and night long, escogita e concretizza una sola maniera per cercare di staccare e di resettare il data base mentale.

Prima di vedersi seriamente immobilizzato in una camicia di forza e messo alle strette da uno di quelli che vengono definiti medici “bravi veri”, alzo tacchi e chiappe, con la scusa del sacro genetliaco, per inserire un nuovo spillo sormontato da una bandierina sul planisfero terrestre.

Per una volta non organizziamo nulla di pianificato, il credo è rotta per casa di Dio, lasceremo che il fato e il caso diano un supporto ai viandanti in eterno pellegrinaggio lungo le strade della scoperta e dell’avventura, ma se il buongiorno si vede dal mattino, qualsiasi personaggio dotato di un minimo di sale in zucca ci consiglierebbe di lasciar stare e di cambiare itinerario per raggiungere il prima possibile Lourdes, alla luce della rottura, alle sei del mattino nella bassa bergamasca, della frizione della rombante autovettura, di cui elogiavamo fino a qualche giorno fa doti e qualità, nonostante la vetusta età.

Passo in rassegna l’albero genealogico di tutti i santi del firmamento celeste, cerco di controllare, con grande fatica in realtà, la carogna che monta in me mentre Cristina appare serenamente compassata e tranquillamente equilibrata nella scelta operativa, ritroviamo, come se non bastasse, al bancone Ryanair la stessa assistente di volo che ci aveva già creato non pochi problemi, leggasi capitolo Marrakech, che per non si smentisce neanche in quest’occasione diventando oggetto di maledizioni in tutte le versioni possibili del malocchio .

Siamo più forti delle avversità, ci chiudiamo a testuggine come una falange romana e saliamo a bordo della breve tratta che ci fa atterrare, decisamente molto lunghi e troppo veloci, sul nastro d’asfalto di Charleroi/Bruxelles, ove non ci facciamo ovviamente mancare la suspense del complicato ritiro dell’autovettura, che per lo meno si rivela nuova di zecca, spaziosa, tecnologicamente all’avanguardia, addirittura oltre le nostre conoscenze di nativi non digitali.

Il tempo è da novembre inoltrato nel Nord Europa, non piove fortunatamente, ma basse nuvole nere ci fanno lugubre compagnia mentre tra verdi vallate raggiungiamo la capitale belga, sferzata da un tagliente vento decisamente freddino.

Onde evitare altre complicazioni, parcheggiamo più che regolarmente in un silos, pagando salato tale scelta ma scevri da grattacapi viabilistici, visitiamo poi la Grande Place, uno dei salotti architettonici e stilistici più famosi al mondo, sinceramente ne apprezziamo moltissimo eleganza, classe e raffinatezza, siamo al cospetto di palazzi finemente adornati e abbelliti da stucchi, orpelli, soffitti a cassettoni, finestre colorate, pareti affrescate, tetti spioventi, portoni riccamente intarsiati e ciò ci piace tanto, tantissimo.

Giriamo per i quartieri limitrofi, l’atmosfera è piacevole, le strade accoglienti, la popolazione educata e molto cortese, un negozio su due è una pasticceria, una cioccolateria, un tripudio di trigliceridi e di eccessi di glucosio, Cri mi tiene con difficoltà a distanza di sicurezza ma lo sforzo di non cadere in crisi diabetica davanti a tutto questo ben di Dio è notevolissimo.

Tanto per cambiare non lasciamo nulla d’intentato, giriamo ovunque, camminiamo come dei globe-trotter, ci mancano lo zaino e il cane al seguito per poterci immedesimare in veri e propri esseri raminghi e randagi .

La concattedrale di San Michele e Santa Gudula è abbastanza deludente tanto quanto quella di Notre Dame du Sablon, molto decantata come capolavoro gotico ma nella realtà da rammentare solamente per il concerto d’organo in pieno svolgimento, ammiriamo e apprezziamo moltissimo negozi di design e di arredamento di altissimo lignaggio che denotano un gusto straordinario, per dovere di ospitalità ammiriamo il bimbo pisciatore protettore-simbolo della capitale e riprendiamo la voiture per spostarci alla scoperta del Parlamento Europeo, un mese dopo aver immortalato la sede di Strasburgo della stessa assemblea giuridico - politica .

Pensiamo bene di non farci sfuggire neanche l’Atomium, una scultura monumento ubicata ben fuori il territorio cittadino, composta da nove enormi palle di metallo che simboleggiano atomi, neutroni, protoni mancano solo i nostri neuroni e la struttura molecolare sarebbe stata perfetta.

Il traffico è stranamente folle, file chilometriche senza motivo e ragione rallentano il nostro procedere, lungo autostrade per lo meno completamente gratuite e illuminate a giorno al punto da essere riconosciute dagli astronauti sbarcati sulla Luna, permettendoci solo verso le venti di giungere a Gand, ove decidiamo di affidarci a istinto, sensazione e fondoschiena per la scelta dell’albergo, avendo stabilito di non prenotare alcunché prima della partenza, troviamo molto confortevole una struttura denominata Hotel Gravensteen che ci aveva consigliato un bizzarro personaggio conosciuto in aereo, propendendo per pernottare ivi, non prima di aver girato come trottole impazzite in un dedalo di strade che non facilita certamente l’accesso al centro storico.

La serata ci fa toccare con mano una realtà da cartolina, un paesaggio fiabesco che stentiamo a credere sia davanti ai nostri occhi e a miei obiettivi digitali, ceniamo lungo un canale illuminato dai camini dei ristoranti, in un’atmosfera senza tempo che ci dona una rilassatezza senza eguali, prima di far ritorno verso il guanciale piumoso e morbidoso che sfondiamo dopo diciannove ore di spostamenti internazionali senza sosta.

La colazione mattutina ha un che di magico, di fuori dal mondo, d’irreale, le petit dejeuner da Ezra costituisce un vero must per tutti coloro che soggiornano a Gent o Gand che dir si voglia, praticamente un antiquario con un’infinità di cimeli e reliquie di Coco Chanel, con un sottofondo musicale d’altri tempi, affacciati sull’acqua a degustare prodotti tipici di sublime sapore e aroma.

Proseguiamo camminando praticamente a un metro sopra il terreno, continuando a vedere abitazioni meravigliose, ponti pittoreschi ( il Grasburg su tutti), quartieri incantati, luoghi di culto affascinanti ( la Cattedrale di San Bavone su tutte), campanili praticamente ovunque quasi sempre con campane rintoccanti a carillon ( il Beffroi di Gent è patrimonio dell’Umanita’ a detta dell’Unesco), la fortezza dei Conti di Fiandra con la sua mastodontica imponenza, rimaniamo sbigottiti nel vedere in tutto questo contesto antico e storico Werregarenstaat, vicolo degli artisti totalmente ricoperto da coloratissimi murales, prendiamo anche il battello che fa il giro tipicamente turistico lungo il canale della Schelda, ma apprezziamo anche questo fuori programma e partiamo esattamente rispettando al minuto la tabella di marcia schedulata il giorno precedente, non vorremmo apparire modello Verdone in Viaggio di nozze, ma generalmente riusciamo sempre a mantenere fede alla tabella di marcia.

Bruges o Brugge che dir si voglia è a poco più di mezz’ora di distanza, il navigatore non fa scherzi, i sedili sono addirittura riscaldati, se appena ci si sposta di qualche centimetro rispetto all’asse longitudinale di guida comincia un concerto di spie sonore per cui giungiamo a destinazione senza alcun problema di sorta, avendo trovato ospitalità presso il Ter Bruge Hotel, tipicissimo edificio del seicento fiammingo, fiancheggiato dall’immancabile canale.

Il tempo non è certamente da canicola ferragostana dello stivale italico comunque è più che clemente se pensiamo a dove siamo e a quando soggiorniamo, non piove e questo è già tantissima roba.

Bruges è stupenda, incantevole, ogni struttura edificata degna di nota, di visita, di scatto fotografico, invasa da turisti e indigeni del sabato pomeriggio, decidiamo di perderci senza un traguardo tra vicoli risalenti ai secoli passati, in un susseguirsi di scorci architettonici di maestosa grandezza, sorpresi dal fatto che tutto chiuda alle diciannove, quando già da un’oretta la gente è già con le gambe sotto al tavolo per la cena serale.

Anche qui sembra che vivano solo di cioccolato e derivati del cacao, l’aroma è inebriante, perfino eccessivo, riusciamo a non farci tentare dal richiamo incessante della gola e quando alla fine cediamo alle lusinghe del palato, veniamo puniti in quanto gli acquisti effettuati a base di ogni delizia goduriosa vengono misteriosamente smarriti cammin facendo.

Il Markt è una piazza straordinaria, incredibile, attraente, coinvolgente, ammaliante, come tutta questa città in cui fanno gran bella figura il neogotico Palazzo Provinciale, l’imponente Palazzo delle Poste, il trecentesco municipio in Piazza Burg, la Basilica del Santissimo Sangue e la Chiesa di San Donaziano, siamo nel centro delle Fiandre, cerchiamo di immaginare cosa potesse essere questo luogo straordinario nel momento di massimo splendore come crocevia di ogni tipo di commercio e di scambio ai tempi che furono, le vestigia attuali ne testimoniano comunque ancora l’importanza e la ricchezza, assorbiamo con grandissimo piacere quest’atmosfera portando a termine la scoperta di una regione che resterà a lungo nelle nostre menti e nelle nostre anime.