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Tutta una serie ravvicinata di anniversari, ricorrenze e genetliaci vari ci costringe, nostro malgrado e praticamente contro voglia in considerazione della nostra idiosincrasia al viaggio, ad intraprendere uno short trip dedicato alla scoperta di Berlino, da tanti decantata come la più moderna fucina europea di stili, creatività ed originalità.
Il contatto con la realtà teutonica è sinceramente negativo se consideriamo che per la prima volta in vita nostra ci ritroviamo con il bagaglio rotto, alla facciaccia della universalmente riconosciuta precisione prussiana.
Facciamo praticamente finta di nulla e raggiungiamo il centro abitato attraverso un susseguirsi praticamente infinito di palazzoni talmente tristi e grigi che i murales che li ricoprono praticamente senza alcun’interruzione sembrano commissionati dal ministero delle belle arri per rendere se non felice per lo meno colorata la vita di questi tristi eredi del post comunismo.
Il primo giudizio sulla fauna indigena rispecchia in pieno lo stereotipo del mangia crauti con pancia disgustosamente rigonfia di liquido al malto, mentre il calzino bianco con sandalo sembra riservato alle fanciulle, diametralmente opposte alle emancipate italiane con jeans a vita bassissima e perizoma in perenne bella vista.
Il ritorno al mio lontano passato è favorito dall’entrata nell’hotel scelto su Internet, che una volta in più ha rinsaldato i miei dubbi sui benefici della rete: va bene essere quattro fanciulli privi di contanti in tasca quali eravamo nelle nostre prime avventure americane con storici compagni costretti a schiacciare il pulsante per poter tenere aperto il rubinetto dello sventurato amico, ma arrivare ben oltre gli anta per ritrovarsi in una specie di ostello talmente laido che i saponi a disposizione erano brandizzati con il nome di un altro albergo i sembra un po’ troppo.
Non disfiamo neanche i bagagli per non far spaventare gli indumenti che preferiscono restare nel trolley che ci lanciamo immediatamente down town, per il momento sempre dal lato orientale ove ben pochi lampi di genio artistico o architettonico permettono di ipotizzare una movida serale.
Una sincera stretta al cuore ci attanaglia il miocardio quando vediamo una tanto disciplinatissima quanto chilometrica fila attendere pazientemente l’ingresso in un cinematografo ove si trasmetteva una mostruosa rassegna della filmografia russa.
Oltrepassiamo esterrefatti la bolgia e ci troviamo nel bel mezzo di un quartierino realmente, veramente e sinceramente straordinario, pieno di locali, di bar, di pub, di ristoranti, di taverne caratterizzati da un gusto, da uno charme, un’attenzione ai dettagli stilistici ed innovativi da lasciarci semplicemente sbalorditi sul dove siamo.
Personaggio della serata sicuramente il taxista che decidiamo di intercettare sulla via del giaciglio che deve attendere istruzioni e consigli stradali dalla berlinese Annie, la quale dopo una manciata di minuti nella da poco rinominata capitale tedesca, è già più che padrona della mappa toponomastica della metropoli.
Una massiccia dose di trigliceridi propinataci dalla proprietà alberghiera ci permette di modificare almeno in parte il giudizio sul garage che ci ha ospitato nella notte, proseguiamo sotto la buona stella del suo nome, Fortuna, e ci vediamo premiati con una giornata di sole prettamente mediterraneo, alquanto improponibile a queste latitudini e soprattutto ai primi di ottobre.
Convinciamo più a gesti che a parole tre meccanici ad affittarci due biciclette, che si riveleranno manna per i nostri occhi desiderosi di sapere e vedere il tutto, e ci involiamo alla scoperta del capoluogo del Brandeburgo che inondato di luce ci propina con eleganza e disponibilità tutte le sue bellezze.
Lanciamo sedici pesos al cantinero della cassa e saliamo, indovinate un po’ per fare felice chi ??, su di una antenna televisiva che con i suoi 318 metri domina l’intera regione, per la verità assai piatta e pianeggiante.
I nomi dei luoghi e dei siti di rilevanza sono praticamente impossibili ed impronunciabili, comunque parola di giovane marmotta li abbiamo visitati tutti, in lungo ed in largo, seguendo il fiuto infallibile di Annie che non ha mai sbagliato un crocevia, dentro e fuori quelli che un tempo neanche troppo lontano erano i tragici confini della cortina di ferro.
La città è veramente un guazzabuglio di stili, un mix praticamente improponibile di sacro e profano, un cocktail di palazzi imperiali, di futuristiche invenzioni architettoniche, di vasti e curatissimi parchi con laghetti di londinese memoria, di tristissimi agglomerati prefabbricati con ancora indelebile il marchio della falce e martello dovuta alla dominazione sovietica.
Una punta di rammarico, sommato ad una sincera invidia ci pervade ammirando l’ordine, la pulizia, l’organizzazione logistica, culminante in una stazione della metropolitana simile al salotto buono del quadrilatero intorno a Monte Napoleone, con ogni tipo di leccornia alimentare e di disponibilità commerciale.
Nota invece negativa per quanto riguarda la gioventù locale: i ragazzi sono pochi e quando non sbandati all’ultimo stadio tipo squatter, punk o occupatori abusivi di abitazioni decisamente poco inclini a seguire stile, gusto ed alta moda, senza dimenticare che non se ne trova uno dicasi uno capace di spiaccicare due parole in croce care alla casa reale d’Inghilterra.
Rientriamo sfiniti, distrutti ma quanto mai soddisfatti, sperando di non essere sottoposti a controlli antidoping dopo una simile sfacchinata ciclistica a dir poco mostruosa, che al momento sembra comunque abbiamo sopportato con stoica facilità.
Completamente assorti in trance agonistica non ci fermiamo più, visitiamo qualsiasi cosa da ambo i lati dell’immaginaria linea di demarcazione, arrivando per diletto anche a curiosare in un ristorantino consigliato da amici, attualmente dimenticato da Dio e dal mondo, giusto per sfidare la complessità stradale dei vari quartieri.
Il tutto è sempre ordinato, pulito, distante anni luce purtroppo dall’anarchia vitale di stampo italiano: i pedoni si scusano addirittura se per caso occupano le perfettamente delineate corsie preferenziali dedicate alle due ruote senza motore .
Ci godiamo l’happy hour stravaccatissimi su delle sdraio in riva al fiume Sprea, esattamente al tramonto, prima di gettarci nel Mitte, cuore pulsante di Berlino Est, in un cenacolo che darebbe KO alla prima ripresa a qualsiasi locale di tendenza della più esclusiva località della riviera italica.
Mentre nel cielo sopra Berlino qualche nuvola oscura l’azzurro di mondiale memoria tricolore per riportare il grigio plumbeo, qui assai di tendenza, giochiamo a cambiare sei metropolitane prima di giungere all’aeroporto baciato dall’arcobaleno che ci saluta dopo queste quarantotto ore veramente attraenti per il primo assaggio “crucco” della sempre efficientissima Annie
( forse che forse ne abbiamo scoperto le vere origini….).