CICLADI – AGOSTO 2021

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Il Covid 19, oltre a sofferenze, tragedie, lutti, crisi economiche e personali, ha modificato ogni nostro comportamento, qualsiasi nostra operatività, qualunque nostro orizzonte di spostamento, rendendo di fatto praticamente impossibile supporre in questi ultimi 20 mesi sogni di viaggi, vacanze, gite, escursioni con evidenti ripercussioni anche di carattere esistenziale e pissssicologico. Fondamentale comunque è stato cullare una visione, coltivare una speranza, concimare un’ipotesi nella recondita alternativa che si potesse aprire uno spiraglio, un barlume, un pertugio in cui fiondarsi a cannone, carichi come delle molle, coscienti di voler sfruttare, usando tanto la capa ed ancora un po', purtroppo, le famigerate mascherine, ogni occasione prima che dovesse considerarsi persa.

Il programma è stato stilato, il sito più seguito, controllato e monitorato è stato ovviamente quello del Ministero della Salute che, una volta acceso il semaforo verde, ci ha permesso di dar fuoco alle polveri, di accendere i razzi propulsori e di catapultarci sulla pista di decollo nei pressi di Cardano al Campo, ove non crediamo ancora ai nostri occhi, dopo aver superato tutti i controlli, gli screening e gli interrogatori quanto mai meticolosi per fugare ogni dubbio circa la salute, il benessere, la non contagiosità di persone che sembrano quanto mai assetate di voglia di partenza e come non mai affamate di desiderio di movimento, per ovunque, basta potersi lasciare alle spalle tensioni, problemi e grattacapi.

Il volo per Santorini è breve ma emozionante, l’apertura dei portelloni dona immediatamente  gioia, contentezza e serenità, tutte sensazioni quanto mai necessarie per non dire indispensabili, praticamente zero controlli in terra ellenica, nonostante gli spauracchi dei mezzi di comunicazione tricolori, presenza a dir poco inesistente di protezioni varie tra indigeni e subentranti in quest’isola dalla fama straordinaria, che l’ha resa una delle mete prioritarie nelle wishing lists turistiche planetarie.

Il protettore degli scooteristi, indispensabile la precisazione prima di essere bacchettato sui diti delle mani dal folto pubblico di veri motociclisti che da sempre legge queste righe in rima talvolta baciata, ha voluto strizzarmi l’occhio anche in questa occasione, permettendomi nonostante la non prenotazione ed il periodo di altissima e purissima stagione, di trovare un due ruote che ci permettesse di scorrazzare indisturbati in lungo ed il largo, effettivamente alla lettera del significato lessicale dell’espressione, per tutta l’isola che ci accoglie con un caldo mefitico, bave di vento bollenti non vengono stemperate dalla velocità, pur con la magnifica sensazione di lasciare al famelico melteni i quattro capelli che mi sono rimasti sulla scatola cranica, vista la napoletana abitudine di gironzolare senza casco di tutti gli indigeni, mentre mai esperienza in riva al mare fu più traumatica che poggiare le piante dei piedi su una sabbia nera come la pece che mi ha fatto rivivere in presa diretta la follia di alcuni decenni di anni fa, quando ebbi la balzana e non ripetibile idea di  camminare sui carboni ardenti.

Io e Ale decidiamo di non lasciare inesplorato alcun angolo di quest’isola tanto brulla, secca, priva di qualsivoglia forma di vegetazione d’alto fusto, tanto quanto pittoresca, attraente ed ammaliante per i paesini, villaggi, agglomerati abitativi che la rendono sicuramente una delle mete più ambite di tutto il bacino del Mediterraneo. Le spiagge sicuramente non saranno caraibiche, pagano pegno rispetto alle coste sarde, non sono degne di essere paragonate alle fiabesche distese di Formentera, ma hanno comunque un qualcosa di diverso, di unico, di scopribile, al punto da poter essere menzionato nel presente vademecum del provetto viaggiatore fai da te.

Red Beach è un frontone di roccia a strapiombo con spaccature nel fianco della montagna con impervia e sconnessa discesa tra le acque cristalline, il sole nordafricano delle tredici ci fa presto intendere che sia meglio un rapido dietrofront, per poterci immergere nelle più confortevoli onde prospicienti la costa di Perissa, ove una serie incredibile di beach club offre una varietà infinita di location, addobbi, scenografie e hospitality degne del massimo plauso, con ombrelloni, divani, gazebo, tendoni che sarebbero immediatamente da importare nella comunque sempre rimpianta Italietta.      

Segnalazione d’obbligo per il resort Seaside Beach, tendenza all’apoteosi e dettagli di design veramente straordinari, tanto quanto il super trandy Jo Jo, tutto tende, pizzi e ricami, ma anche quasi tutte le altre soluzioni lungo la battigia rovente ed infuocata trovano il modo per farsi buttare l’occhio e ricevere uno scatto dello smartphone riconoscente per le apprezzate novità visive.

Megacholori è la tipica chicca che non ti aspetti, non segnalata, non consigliata, scoperta per puro spirito intuitivo ma veramente pittoresca, con i tipici tratti che hanno reso famoso l’immaginario collettivo riferito al concetto di borgo tutto bianco a calce, torri campanarie con più rintocchi e qua e là pennellate di azzurro intenso, pur nel bel mezzo del nulla.

Pyrgos, arroccata su un colle, è l’opposto della mondanità e del consumismo che fanno da padroni a Fira e Oia, praticamente non un’anima viva in giro per vicoli affascinanti, salite spezza muscoli, gradinate che si inerpicano fino a due chiese dall’attrazione intatta ed intensa, sempre a contrasto con il blu cobalto di un cielo che non ha certamente bisogno di un ritocco con Photo Shop.

Sulla strada del rientro, ci sentiamo in obbligo morale di fermarci a Fira, arroccata sulla cima della montagna ed incastonata come un gioiello di rara bellezza a capofitto sulla caldera, il leggendario dirupo venutosi a creare da un’esplosione vulcanica che ha dato i natali ad uno dei paesaggi più indimenticabili che occhio umano abbia mai osservato: la vista è mozzafiato, le sensazioni si susseguono a ritmo incessante, i colori sono cangianti e abbaglianti, il famoso tramonto, decantato in migliaia di messaggi, descrizioni, cartoline, ora sostituite dai famigerati post, ci si stampa proprio di fronte, pur con una leggera foschia che ne limita in minima parte effetto e palpitazione cardiaca.

E’ straordinario girare senza una meta precisa, curiosare per scoprire angolini misteriosi, vicoli incontaminati, negozietti talvolta ancora tipici e non globalizzati, Imerovigli e Firostefani sono un tutt’uno con Fira, ma riescono a prenderne un minimo di distanza, scendendo un attimo dal palcoscenico della fama ma non certo della bellezza, in un susseguirsi infinito di tipiche locande greche, affacciate su un mare meraviglioso molto, molto più in basso, circondate da un’infinità di mini appartamenti, suites, alloggi per tutti i gusti, tutte le preferenze, tutti i portafogli, in certi casi rasentando l’ingresso nella fantasia più irrealizzabile, vedendo queste terrazze elegantissime, curatissime, chicchissime, immancabilmente con la piscina personale e privatissima, donde godere la più assoluta privacy e la più raffinata delle accoglienze da portarsi nel cuore, nello spirito e nella mente per tutti i propri giorni a venire.       

Il Caprotti con la sua innata timidezza, la sua conclamata difficoltà nello stabilire contatti umani e personali, la sua primordiale introversia, sforzandosi all’eccesso per superare questi limiti e lacune, trova il modo di attaccare bottone dalla tripla asola con italico maschio vero, stile Gianluca Vacchi, che mi supera abbondantemente riguardo riservatezza e tutela della sua segretezza famigliare, il più lampante esempio di low profile ed understatement immaginabile, Cuccia si rivolterebbe dalla tomba al cospetto di un personaggio outstanding che mi racconta nel giro di trecentosei secondi di provenire da una delle famiglie di mastri cuochi più famosa al mondo, di aver frequentato ogni VIP planetario, di aver soggiornato nelle più lussuose dimore presenti sulla crosta terrestre, di aver fatto business con famiglie reali, artisti e stelle leggendarie, cantanti di grido, una vita romanzata e romanzesca che necessiterebbe e meriterebbe un approfondimento senza fine da parte della Treccani.                         

I locali ove mettere le gambe sotto al tavolo si sprecano, sono innumerevoli, gli indigeni non sono particolarmente affabili ma sicuramente ci sanno fare, e molto, con accoglienza e capacità di attrarre il visitatore, che rimanendo a bocca aperta, spesso anche asciutta, davanti a simili paesaggi di indescrivibile bellezza, tende a fermarsi alla prima osteria, locanda, insegna raffinatamente disegnata, illuminata, florealmente addobbata, per cui si ricorre spesso alla conta del ambarabacciciccoco’ per riempire le sacche intestinali, mentre ettolitri ed ettolitri di acqua sono indispensabili per affrontare giornate dalla calura imbarazzante, trasformandoci in cammelli e dromedari dalla terza gobba utilizzata come riserva aggiuntiva del preziosissimo liquido.

Una piccola tavanata, certamente da non ripetere e sicuramente da non consigliare, è la teleferica che unisce il porto vecchio alla parte alta di Fira, tragitto di pochi istanti, con nessuna visione paesaggistica, un caldo asfissiante e gesto da furbetto dello scrivente che per non pagare il ticket della risalita resta direttamente sull’ovetto della cabinovia, il gioco non valeva sicuramente il costo del biglietto, allora molto meglio sobbarcarsi la pittoresca seppur molto puzzolente inerpicata a dorso degli asinelli, che vengono poi ritratti su ogni piatto, tovaglia e tenda di gusto tutt’altro che memorabile.

Il dovere delle p.r. mi richiama all’ordine ed allora decido di far visita a Mister Modestia, alle prese con l’inaugurazione di un mega resort, sinceramente elegantissimo, curatissimo, raffinatissimo ma molto onestamente nella parte più banale, insulsa e dimenticabile di Santorini, quel Kamari in cui si è nel nulla affacciati al niente, quattro chiacchiere in scioltezza massima con suoi riferimenti ed aneddoti tassativamente di iperbolica fama e gloria, bagnetto in una piscina fantasmagorica, con lettini king size dal design futuristico e materassini alti più di una spanna, saluti e promesse di contatti futuri, si, certo, eccome, per sul serio, e fugone verso Oia, il vero obiettivo e traguardo di tutta questa vacanza.

La sensazione è strana, apocalittica, post bellica, sarà la vera verità dettata dalla pandemia, tanto quanto il terrorismo psicologico ad essa collegata, ma l’unica stradina che attraversa uno dei villaggi più famosi al mondo è deserta, senza anima viva, senza un segnale evidente di quel turismo che qui come non altrove è linfa esistenziale, si possono fare foto da ogni altezza e angolatura, intruffolandosi furtivamente senza alcun rischio in terrazze panoramiche dal costo esorbitante, piuttosto che sui balconi di suite da mille e una notte, in quel contesto fiabesco che rappresenta il sogno recondito al solo pensiero del nome Grecia.

La sera sembra apportare qualche piccolo movimento umano, cominciano a spuntare gruppetti principalmente di americani, come sempre chiassosi e certamente trasandati, per non dire impresentabili, i ristoranti a picco della caldera si riempiono dopo il sacro rito del tramonto, in tutta sincerità molto più decantato ed idolatrato che apprezzato, nulla a che vedere con l’apoteosi del leggendario Big Sur formenteriano che ha coronato e colorato le estati di generazioni di milanesi.

Con un giro di parole stile la supercazzola come se fosse Antani, riesco a farmi lasciare lo scooter fino alla mattina della partenza, scavallando la restituzione della sera precedente ed allora spremo ogni centimetro cubo di questo Kymco che deve aver visto sicuramente stagioni migliori, optiamo per un’ulteriore ammirazione del paesaggio di Oia con una diversa luce, una diversa sfumatura, un diverso pantone colore, che viene esaltato dal mare blu scuro, dal cielo incredibilmente cobalto, vietatissimi commenti stile utilizzo polarizzatore, dal bianco abbagliante delle abitazioni, dalle infinite tonalità di oggetti e souvenir appositamente in bella mostra, il tutto in un susseguirsi di scorci mozzafiato e di prospettive architettoniche e paesaggistiche che non vorresti mai finire di immortalare.

Visto che la curiosità è uno degli ingredienti basilare della mia esistenza, non esito a riattraversare esattamente da un capo all’altro l’INTERa isola, prima per apprezzare il consiglio dell’Onniscente che suggerisce la Wet Beach, con tendoni colorati stile hammam marocchino, divani, pouf e chaise longue da rivista di architettura patinata e musica lounge al corretto livello di decibel, per poi concludere alla stragrande questa intensissima tre giorni a Santorini, con lo splash solare a picco di fronte al faro di Akrotiri, veramente suggestivo e paragonabile, questo si, al caro, vecchio Pilar de la Mola.  

Non ci prendiamo neanche la briga di lasciare un giudizio ed una recensione riguardo al Galatia Villa, sarebbero frasi sprecate e tempo perso, rasentiamo la stroncatura totale, stanza microscopica, servizio inesistente, posizione logistica e strategica da dimenticare, unico plus un tariffario che sarebbe di grandissimo gradimento ad un paio di miei amici particolarmente oculati e parsimoniosi. Una fruit salad composta da un chilo tra anguria, mele, fragole, ananas, banane, il tutto sormontato da una montagna di yogurt greco, mi allevia lo sconforto della partenza da quest’angolo di paradiso che ritengo di aver memorizzato digitalmente e spiritualmente in tutte le sue possibili prospettive, angolature, architetture e proiezioni, l’imbarco è dal porto nuovo, caravanserraglio di personaggi di ogni fattispecie e stirpe, il vero e proprio punto di  smistamento di turisti di ogni genere, nazionalità, estrazione sociale ed economica, uniti dal desiderio di partire, viaggiare, conoscere, scoprire il mondo e questo bisogna proprio ammettere che è uno splendido punto di partenza.

Quarantacinque minuti di traghetto veloce mi portano a toccare con mano la realtà di Ios, sicuramente tutt’altra cosa rispetto alla sfavillante e luccicante Santorini, ma è proprio questa la realtà che mi aspettavo di trovare tra le isole cicladiche, poco più di uno scoglio molto spesso per non dire quasi sempre aspro, brullo, inospitale per non dire astioso e riluttante al contatto con il forestiero, l’accoglienza della proprietaria del Sea Breeze Hotel è da standing ovation, sudafricana di stirpe boera, probabilmente abile cacciatrice e non solo di animali, con fare imperioso comanda a bacchetta il consorte ellenico e mette a disposizione un alberghetto che sicuramente non sarà un resort ma comunque ne scimmiotta i principali plus, con ricerca molto metodica di dettagli e cura dei particolari, grandissimo finale con infinity pool a sfioro che si affaccia direttamente sul molo di attracco dei traghetti provenienti da Naxos, Paros, Folegandros e Santorini.

La Chora, la cosiddetta città vecchia, dedalo di viuzze, vicoli, passaggi segreti è sicuramente al di sotto delle aspettative, ci si ritrova al cospetto di un agglomerato urbano che merita una decina di foto semplicemente per l’archivio documentale digitale ma che non può per nessuna ragione al mondo essere anche lontanamente paragonata al fascino sublime di altre mete a strisce bianche e azzurre, mentre sale prepotentemente sul podio delle location da memorizzare il ristorante Koubara, il tipico, classico pied dans l’eau, gran classe e ottimo impatto emotivo, in un contesto naturale affascinante: un’insenatura dominata dall’onnipresente chiesetta bianca e azzurra, baciata dal sole che la illumina in un tramonto infuocato e sottofondo delle onde che lambiscono la spiaggia.

Chi si ferma è perduto, ogni lasciata è persa, in vacanza ogni occasione deve essere sfruttata per aggiornare, implementare, ingigantire il proprio baule di esperienze e il proprio zaino di escursioni ed ecco pertanto l’acquisto del biglietto del traghetto per Paros, riesco a caricare anche lo scooter e torno sui miei passi, ove misi orma nel lontano 2003, giusto per aggiungere un’altra casellina, un’altra tacca, un’altra occasione esperienziale al mio bagaglio turistico.

Un’ora di traghetto e stop tecnico a Naxos, per ulteriore caricata di viaggiatori e mezzi di locomozione varia, la fauna è variopinta ma tutt’altro che affascinante ed attraente, il target è lo scappato di casa, il viandante senza dimora, il globtrotter cui manca solo l’adesivo legalized marijuana sullo zaino, in genere accucciati a terra, puzzano a vista e onestamente il buttar l’occhio fuori bordo è cosa assai gradita.

Parikia è l’approdo, giretto di una mezz’oretta per minimo di acclimatamento e via verso Naussa, una chicca, un gioiellino, un must to visit,  un dedalo di locali tipici, taverne tipiche, locande tipiche, stradine tipiche, negozietti tipici, ristorantini tipici, veramente un qualcosa di accogliente ed invitante, un assaggiatore per guide culinarie avrebbe di che satollarsi in un contesto tra l’altro stupendo, con non plus ultra al Deck Restaurant, vi assicuro, miei adorati lettori, mai visto, ammirato e fotografato nulla di simile, prenotazioni disponibili a partire dalla prima settimana di settembre.

Acchiappiamo al volo un piccolo naviglio che per fortuna sapeva navigare per raggiungere Monastiri, una spiaggia che potrebbe benissimo essere nella giurisdizione della Costa Smeralda, mare cristallino, rocce rossastre dislocate da Madre Natura in maniera quanto mai tattica, cappelle votive bianche dalla cupola azzurra praticamente ovunque, l’aver di nuovo a disposizione l’adorata Nikon, peste e colera colga i ladri che se ne sono appropriati tre mesi fa, mi rende entusiasta ed euforico.

Se i prezzi finora sono sempre stati abbordabili, convenienti, allettanti (a parte la pessima esperienza della colazione al bar Passaggio a Oia), qua la qualità si paga, come disse il Grande Vito al cospetto dei 250 euro richiesti a Tokio per un melone, e rispetto agli incredibili sei o otto euro per due lettini ed un ombrellone scuciti in altri lidi, qua si parla del quadruplo but we only live once e uno strappo alla regola può anche essere permesso. Il fido Kymco, molto più nuovo e ammortizzato rispetto a quello di Santorini, arriva tranquillamente, anche se un po' in off road, alla spiaggia di Kolymbithres, per il rituale sunset, prima di riprendere la strada del ritorno, sul un ferry boat che pianino pianino tocca terra in quel di Ios, stranamente in ritardo, ben oltre l’una di notte di una giornata che ha donato un’infinità di scorci memorabili ed un consumo di gigabite nella memoria del fantastico Motorola Zoom e della strepitosa D 7200, al limite del concesso e dell’ammesso.

Le spiagge di Ios sono strepitose, meravigliose, incantevoli, unico piccolo dettaglio sono praticamente irraggiungibili: se si escludono Manganari e Mylopotas, vi assicuro che ho dovuto dare fondo a tutta la mia abilità nel controllo dello scooter, maturata in oltre quarant’anni di guida con ogni tipo di clima e di intemperia sulle due ruote, per riuscire a gestire salite impervie e discese quanto mai scoscese, su un terreno prima sabbioso, poi roccioso infine ciottoloso, esperienza che probabilmente non rifarei più.

Il bagnasciuga era comunque da cartolina, un insieme di colori mixati nella maniera più incredibile, sabbia dorata, mare trasparente, cielo terso all’inverosimile e nessuno, dicasi nessuno, per ulteriore precisione nessuno, in tutto l’arenile. P.S. Grazie Zio Teo per il consiglio donatomi oltre trent’anni fa, il metodo Iannetti, con spegnimento del motore ad ogni pendenza del terreno, mi ha permesso di tornare alla base dopo aver sudato freddo, nonostante i quasi quaranta gradi, per il terrore di rimanere appiedato nel bel mezzo del nulla, senza un’indicazione, senza un cartello, senza una segnalazione e soprattutto senza una maledetta pompa dell’indispensabile fluido di locomozione.

D’obbligo il bagno di cultura con visita all’anfiteatro miceneo, affascinante a strapiombo sul mare, pur nella sua recente ristrutturazione che ne ha modificato gli originali connotati, e alla tomba di Omero, in località Plakoto, ovviamente di quanto mai impervia raggiungibilità: vera o falsa che sia la leggenda che ivi riposino le spoglie del Sommo Cantore di epiche leggende che hanno ammaliato o turbato milioni di studenti, il fascino di una catasta di pietre che domina l’infinito dell’Egeo, punteggiato di isole dai nomi sacri alla mitologia verso un orizzonte sconfinato, è un qualcosa che si imprime saldamente nella mia anima.    

E come tutte le belle favole, anche l’esperienza di Ios volge al termine, l’aver sentito parlare brianzolo stretto mi ha commosso quasi alle lacrime, permettendomi di conoscere una coppia biassonese che più diversa non si potrebbe ipotizzare: è vero che gli opposti si attraggono, che il bianco sta benissimo con il nero, che lo yin combacia perfettamente con lo yang, ma l’accoppiata lui monosillabico nell’arco dei due giorni di frequentazione turistica, culinaria, motoristica lei mitragliatrice dialettica da settecento parole al minuto è un qualcosa di decisamente originale, bizzarro e balzano.

Se Ios in genere è considerata la patria degli adolescenti, in cui anche Nico e Tommy potrebbero avere delle difficoltà sociali, rischiando di apparire pedofili nel contatto delle teenagers frequentatrici di locali ad altissimo tasso alcolico quali l’Escobar, l’Agosto e il Ciao Bella, indispensabile nota del redattore per l’eleganza e la raffinatezza dell’ Ios Sun Club e dell’Alma Sunset Lounge, best places to visit per l’aperello di grandissima classe,  due locali da lacrima allo stato puro, non me ne sarei mai andato anche perché stavo fotografando a “nastro”, ma la sacra bevanda made in Atlanta è troppo presto terminata e la fila tumultuosa all’ingresso premeva per un rapido turno over.

Ios molto, molto, molto bello, doveva perdere qualche punto ed ecco allora lo sposta masse della Zante Ferries arrivare con oltre due ore di ritardo, la permanenza al sesto ponte è come sempre angusta e poco degna di eventuali contatti, incontri, scambi di vedute personali e approfonditi conciliaboli sulla meditazione trascendentale, per cui toccare terra rasentando le due di notte è stato molto gradito, anche se il rintocco della mezzanotte previsto come arrivo sarebbe stato certamente più apprezzato.         

Penultima tappa del tour cicladico in quel di Milos, San Scooterino mi strizza ancora l’occhietto e riesco a trovarne uno anche qua nonostante le premesse fossero state quanto mai negative causa overbooking generalizzato, la felicità di poter girare senza casco, musica a palla, gas a martello, pennellando curve larghe lungo i litorali rocciosi di quest’isola dalle mille sfaccettature, mi ha permesso di non reagire alla maleducazione, alla scontrosità, allo sgarbo, all’inospitalità di commercianti autoctoni il cui unico appellativo potrebbe essere, o per meglio dire è, stronzi !

Mi trasformo in Indiana Jones, vesto i panni del Nico in versione inventiamolo strano e non facciamoci mancare nulla, scendendo nella spiaggia di Tsigrado con corde e tramite una scala senza esagerazioni totalmente verticale, in una strettissima spaccatura della roccia che non permetteva doppio senso di marcia, con un fondo sabbioso quando mai infido, ma le immagini scattate sulla battigia meritavano ogni tipo di difficoltà e supplizio, a cominciare dell’essere all’una sotto un sole cocente, senza alcuna possibilità di abbeveramento ed in mancanza dell’oggi tanto desiderato e sospirato meltemi, che sembra aver deciso di chiedere il reddito di cittadinanza, prendendosi una giornata di assoluto riposo.

L’arenile di Firyplaka è decisamente più turistico, visibile una taverna, una sorta di locanda e due file ombrelloni di paglia, ma certamente non meno spettacolare di Tsigrado, grazie a frastagliati costoni di roccia, stile le bianche scogliere di Dover, che si gettano in un mare cristallino, un faraglione oggetto di culto di ogni turista presente,  anche qua invito ad entrare, dopo il debito caricamento dei file, nella sezione immagini del gettonatissimo website www.paolocaprotti.com.

Ma il massimo, il top, lo zenith doveva ancora essere raggiunto ed eccomi allora basito e per una volta senza parole, che poi cercherò di trovare per descrivere al meglio quanto le mie pupille e gli otturatori dei miei devices si trovano davanti, nella spiaggia di Sarakiniko, una serie di balze di pietra pomice bianca abbagliante che si specchiano in mare, sembra una visione surreale, un’istantanea lunare, in cui pochissimi puntini umani fanno da contrasto con l’ennesimo capolavoro della natura.

Quando credevo di essermi scorticato abbastanza le mani in applausi a scena aperta per le incantevoli insenature visitate in quest’isola di Milos, conosciuta nel mondo per il capolavoro marmoreo trafugato dai manigoldi mangiarane, ecco che devo aggiungere un extended ovation al borgo di Klima, ove sono raggruppate una decina di syrma, antichi ricoveri coloratissimi e sgargianti per le imbarcazioni dei pescatori, diventati ora buen ritiro per intellettuali radical chic alla ricerca, a qualsiasi prezzo, di un‘esperienza alternativa e quanto mai tramandabile ai posteri, ovviamente grazie ai teoricamente odiatissimi social network.

L’ascensione alla vetta del colle più alto di Tripiti mi dona, oltre ad un fiatone ansimante stile l’emerodromo Filippide, il messaggero che morì dopo aver avvisato gli Ateniesi dell’arrivo dei Persiani con la creazione della mitologica maratona, una sensazione di totale, assoluta e completa pace, rilassatezza, tranquillità, quiete, mentre i raggi di un luminoso tramonto incendiano i contorni della milionesima chiesetta ammirata e ovviamente pluri fotografata, davanti ad un orizzonte sterminato ed infinito, nel silenzio più assordante che stirpe umana possa aver mai udito.

Personaggio del giorno è certamente un brillante e rampante consulente legale e finanziario della Milano già ubriaca che nel giro di venti minuti riesce a far sapere, grazie ad un cellulare rovente, a tutto il traghetto per Folegandros che ha trasformato due società, incorporato tre holding, emesso quattro bond, ridotto lo spread a cinque nazioni, innalzato il pil dell’intera Grecia, annullato il debito pubblico di tutto il continente africano, indi aver palpato e limonato duro la fidanzata, prima di divorare un libro dell’altezza di un tomo.

Questa penultima tappa del tour itinerante a zonzo per scogli e isolette varie presenti sulla mappa delle Cicladi mi insegna una volta in più, se mai ce ne fosse bisogno, a non fermarmi alle apparenze, al primo acchito, all’impressione di getto, in quanto dopo un’iniziale sommaria riflessione negativa riesco, anche grazie ad uno scattante Honda SH affittato dopo preghiere in greco ortodosso imparato seduta stante per convincere il locatore, a scoprire una tappa sicuramente da menzionare per i futuri girovaghi di passaggio nei dintorni.

Folegandros è aspra, selvaggia, molto brulla, arida, quasi scontrosa e inospitale, per poi aprirsi in angoli di grande rilevanza, come il monastero di Panagia che domina tutto il lato della montagna, raggiunto anch’esso tra sudore e acido lattico all’inverosimile, o il centro della Chora, antico fulcro del villaggio, certamente meno commerciale di altri precedentemente visitati e pertanto più realistico, sincero, verosimile, le spiagge qua sono inesistenti, le coste a dirupo, frastagliate o rocciose e l’unica ansa mi dona la possibilità di farmi andare di traverso il pranzo, quando mi viene presentato un conto di ben otto euro per un sublime polpo, patate e olive, pita grigliata, yogurt all’anguria e magnum di acqua finalmente con le bolle in una taverna direttamente sulla spiaggia, smoderato piacer termina in doglia decantava il Marino alla fine del cinquecento ed infatti il vero bill mi viene presentato al porto, quando devo attendere quattro ore per il sopraggiungere del traghetto dal ritardo memorabile.

Alla fine di un’avventura, al termine di un viaggio, al capolinea di una vacanza vissuta intensamente ci si ritrova solitamente sulle ginocchia, con il fiato corto e le energie con il segnale di allarme lampeggiante, non è il mio caso, nonostante abbia visto il di tutto ed il di più, senza tralasciare alcun angolo caratteristico, nessun borgo, villaggio, paesello, agglomerato degno di nota e di rilevanza in questo paradiso costituito da un’infinità di isole assolutamente non calcolabili, mi intestardisco, mi incaponisco e voglio mettere la bandierina anche su Sifnos e mai scelta fu più azzeccata e centrata: mai e poi mai avevo sentito alcun’anima vivente citarmi questa località, che si è rivelata straordinariamente sopra le righe, al punto da aver sinceramente esagerato con gli scatti del “centro storico” di Apolonnia, tanti quanti ne ho effettuati poco più tardi a Castro, vere perle di reale vita vissuta, ancora praticamente intatte nella loro apoteosi di bianco e azzurro, tutto ordinato nella massima semplicità, di una pulizia perfino eccessiva, lontano dai riflettori dei grandi tour operator e fortunatamente ancora quasi sconosciuti alle masse di giovanotti alla ricerca dello sballo alcolico senza limiti, come purtroppo in tante, troppe altre località di teorica villeggiatura di questa meravigliosa, strepitosa, favolosa Grecia Magna.