COPENAGHEN - SETTEMBRE 2015

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Con fare fors’ anche troppo brusco e quasi sgarbato, interrompo sul nascere il tentativo di proposta vacanzifera del prode Tommy e prima ancora che si possa formulare una precisa ed elaborata soluzione per terminare al meglio il lungo periodo di meritata siesta agostana, accetto senza proferir parola il risultato della solita, magica iniziativa uscita dal cilindro dell’espertissima trip planner .Al costo di una pizza napoletana da Gennaro, di un kebab asiatico del caro Mohamed e di una coca sgasata di Mc acquistiamo quattro biglietti andata e ritorno per Copenaghen, meta inusuale, fuori dai soliti percorsi standard ed allora ancor più attraente e solleticante, per appropinquarci al meglio all’ormai prossimo inizio dell’annuale faticata studentesca.Orio al Serio è sempre più accogliente, ospitale, elegante, riusciamo a passare i controlli dopo uno stop forzato dello scrivente che viene bloccato al check point della security come fosse un attentatore suicida diretto al paradiso delle 72 vergini solo perchè nascondeva nel marsupio della felpa due biscottoni al cioccolato, strisciamo la plastica fantastica per due pet di acqua minerale non disponendo di sufficienti spiccioli in monetine e decolliamo verso settemntrione con una precisione teutonica di elvetica discendenza . Come direbbe il nostro attuale  Conducator Matteo Renzi, colui che tutto domina e tutto gestisce, facendoci quasi rimpiangere i tempi del low profile e dell’understatement berlusconiano, non possiamo parlar male della penisola, delle sue abitudini, dei suoi abitanti ma sicuramente un salto al Nord gli farebbe bene per capire cosa sono ordine, rispetto, pulizia, senso civico e amor del tutto ciò che ti circonda.Ciapiamo il trenino che in tre fermate ci lascia nel cuore pulsante del paese nordico, forse hanno sbagliato qualcosa in quanto al nostro arrivo veniamo accolti da volontari che distribuiscono sorrisi, bevande e cibarie come se fossimo profughi mediorientali ahimè costretti ad una vita di stenti e privazioni, rimaniamo sorpresi e stupefatti, ci guardiamo un attimo intorno per assaporare il primo mood locale, respirando a pieni polmoni l’arietta fresca per non dire pungente che ci sferza il viso ancora abbronzato e raggiungiamo il giaciglio danese.Non possiamo in alcun modo sottrarci al prelievo forzoso e forzato al desk della reception ma pur essendo un ostello, scelto tatticamente per l’ipotizzato connubio tra posizione, rapporto qualità/prezzo ed estetica architettonica, bisogna ammettere che il contraccolpo psicologico dovuto all’esborso di moneta corrente è difficilmente assorbibile.Appoggiamo gli inseparabili trolley, ormai diventati vero e proprio oggetto cult di ogni viandante globetrotter e pellegrino turista, non ci guardiamo neanche intorno ed immediatamente ci lanciamo alla scoperta del centro storico della capitale.La prima impressione, il secondo acchito, la terza sensazione sono decisamente ottimali al cospetto di una serie di palazzi ben curati, di vie tradizionalmente caratteristiche, di negozi estremamente attraenti, il tutto rigorosamente e tassativamente pedonale, con unica difficoltà per il menestrello brianzolo, decisamente in ambasce di fronte al mix di colori delle riccamente dipinte dimore, malvagiamente disposte in una sorta di indecifrabile amalgama cromatica, che gli crea ben più di una perplessità .Per stasera abbiamo finito, quasi involontariamente ci siamo addentrati in vicoli e vicoletti assai pittoreschi che hanno il comun denominatore di un’infinita presenza di bar, pub e taverne rigurgitanti fiumi di birra simile ad una colata lavica in perenne eruzione, cerchiamo di non farci affettare, stirare e schiacciare dalla marea perpetua di velocipedi portati tanto con perizia quanto con sprezzo del pericolo da una popolazione che ci appare sinceramente affascinante per non dire intrigante . Sarà, come intercala in continuazione il primogenito, ma il contatto con il primo piumone della stagione è veramente un piacere per il corpo, lo spirito e l’anima che si addormenta dolcemente cullata dal tepore e dal calore delle piumette d’oca .Comprendiamo alla velocità della luce che esiste un tassametro anche per l’aria che respiriamo, capiamo al volo la lezione, razioniamo l’inalazione di ossigeno ed attoniti e basiti lasciamo gli occhi ed un rivolo di bava acquolinosa sulle vetrine delle varie panetterie e pasticcerie che sfornano a ritmo continuo ogni possibile sorta di alimento dolce e salato.Con un pagherò a trentasei mesi facciamo colazione masticando le briciole del pain au chocolat come fossero foglie di coca boliviana, ci indebitiamo per le prossime quattro generazioni di Caprotti per acquistare i biglietti del metrò e raggiungiamo il simbolo di tutta la Danimarca: si diceva Sono Pazzi Questi Romani ma cosa dire degli eredi dei vichinghi nibelungi che impazziscono per la sirenetta,  una colata di bronzo senza senso adagiata come la valva di una cozza su uno squallido scoglio non lontano dal porto mercantile ?Solo gli immancabili giapponesi possono rimanere estasiati da un simil scatto fotografico ma ben conscio dell’inferiorità e della limitatezza del popolo del Sol Levante, dopo la traumatica e certamente non ripetibile esperienza nipponica, non mi faccio delle domande avendo già delle risposte. Camminiamo, passeggiamo, scaracolliamo per piacevoli vialoni alberati che ci portano a Nyhavn, meraviglioso quartiere lungo un canale che dire sia una cartolina sarebbe semplicemente riduttivo: una serie infinita di coloratissimi edifici, di pittoreschi ristoranti, di tipiche locande ci fanno emozionare e magari non solo quello, grazie anche agli immancabili boccali di Carlsberg che i miei compagni di viaggio si calano come fosse acqua fresca.Riprendiamo il cammino, ammiriamo il palazzo reale in una piazza di stampo franco-asburgico, raggiungiamo il castello di Rosemberg placidamente adagiato in un parco curato come il prato del  centrale di Wimbledon, entriamo ma usciamo praticamente immediatamente dal giardino botanico ove non paghiamo nulla per entrare ma sudiamo le proverbiali tredici camicie all’interno di una serra dal bollente microclima equatoriale.Acchiappiamo un bus giusto per ammortizzare almeno in parte il dorato ticket giornaliero e raggiungiamo Christiania, quartiere un tempo caratterizzato dall’utopia di un mondo fuori dal mondo, oggigiorno squallido susseguirsi di palazzoni in mattoni rossi senza alcuna caratteristica e peculiarità prima di rientrare in hotel, se così vogliamo definirlo, per il riposino pomeridiano, dopo aver fatto visita al Black Diamond, monolite di cristallo nero, cemento armato e cavi d’acciaio che farebbe la gioia, il piacere ed il gaudio dei prodi amici architetti monzesi e gallaratesi,  in realtà biblioteca universale ove anche il più recalcitrante degli studenti ripetenti troverebbe lo spunto per dedicarsi alla cultura ed al sapere .Gironzoliamo per le viuzze del centro storico per dedicarci serenamente alla scelta del ristorante serale, proviamo con pimpiripette nusa, con la morra, con lo spaghetto più corto, alla fine lasciamo la decisione al più piccolo-grande erede onde evitare musini e bronci, ci accomodiamo nello struscio più rinomato e nonostante la presenza dei funghetti spara calore non disdegniamo le copertine scalda gambe, schiena, braccia durante il ritmico movimento di mascelle e mandibole .Torniamo sulle nostre impronte pomeridiane, ripercorrendo i canali su cui si affacciano decine di palazzi cangianti, che sovrastano dozzine di ristorantini che anche alle prime ombre della sera garantiscono fascino, attrazione e la giusta prospettiva per infiniti scatti che rimarranno in ogni modo in maniera indelebile nelle nostre memorie cerebrali.Scacciamo le galline e ci riappropriamo delle  nostre brande ad un orario che a Milano non prevederebbe neanche l’inizio dell’happy hour ma la stanchezza è a dir poco incipiente, soprattutto nella Signora  che sembra patire oltre misura il brusco e repentino calo delle temperature . Dopo una notte di stenti e di sofferenze a causa di materassi stile piano di granito ruvido che hanno messo a dura prova ogni articolazione delle nostre strutture corporee, incarichiamo l’artista di strada proveniente da Vinci di tramandare ai posteri la nostra ultima colazione, consumata secondo i migliori crismi della fame atavica e contraria ad ogni possibile consiglio dietetico, a causa delle diverse migliaia di calorie assimilate in più riprese nell’arco di un’ora passata con le gambe sotto il tavolo.Avendo visto e rivisto praticamente tutto, decidiamo di darci alla cultura ed alla storia locale, ammirando le linee curve e rotondeggianti della cattedrale di Marmenkirker, assistiamo davanti al palazzo di Amaliemborg al cambio della guardia di una delle ultime dinastie reali ancora regnanti nel nostro continente, con un picchetto d’onore che lascia affascinata, stupefatta ed ammirata la Signora che per la settantesima volte nel giro di due minuti chiude a fatica la bocca spalancata per ripetere quasi inebetita “ ma quanto sono alti ( e belli) i soldati” …Sarà quasi banale, fin troppo scontato, tendenzialmente da evitare ma il giro in battello viene approvato all’unanimità, passiamo un’oretta molto piacevole tra i canali intorno alla residenza reale, al castello della sovrana e abbiamo la conferma che la Sirenetta un po’ troietta non si è mossa dalla sua posizione molto lasciva per continuare a farsi immortalare giornalmente da centinaia di stolti  .Non sappiamo quanto volontariamente ma ci ritroviamo nel bel mezzo di un sit-in pacifista, di un mega raduno socialista a sostegno, favore, pro arrivo dei rifugiati provenienti dal Medio Oriente, prima di creare un incidente diplomatico con Nico e Tommy, a dir poco contrariati da un simile approccio ed atteggiamento da parte di fricchettoni, radical chic, ecologisti e scappati di casa nulla facenti, decidiamo di abbandonare la piazza e di far ritorno verso l’ovile, tranquillo ed ospitale.Ho le pive nel sacco, il groppo in gola, la coda bassa per il rientro, senza ombra di dubbio Copenaghen è da inserire non di diritto ma d’obbligo nelle cinque più affascinanti città che io abbia mai vistato around the world quando gioco il jolly, rischio l’imprevisto e decido di investire 80 corone nella vista del palazzo di Christiansborg: mai scelta fu più azzeccata e undici euro meglio spesi per poter ammirare le stanze reali, i saloni del ricevimento, le biblioteche e le dimore sontuosamente arredate, affrescate, stuccate, illuminate di questo gioiello della cultura nordica .E’ finita, si ritorna a casetta dopo uno strepitoso weekend in una città meravigliosa, degna della miglior favola dell’eroe nazionale Hans Christian Andersen, autore di mille ed una favola a cui aggiungere la nostra, vissuta in un ambiente ospitale, cordiale, gioviale al cospetto di una popolazione poliglotta ( they sincerely speak English much better than me) e veramente quanto mai affascinante e ammaliante