DUBAI APRILE 2019

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Il dubbio amletico che attanaglia in primis la mia mente e in seconda battuta le riflessioni dell’opinione pubblica nella sua totale interezza è se esiste una problematica di fondo tale da portarmi, al momento della prenotazione di un viaggio, a scegliere praticamente solo ed esclusivamente una destinazione, un’unica località sul planisfero terrestre, nonostante l’immensità della crosta del nostro pianeta. Vengono istituiti convegni, tavole rotonde, summit con esperti provenienti da ogni nazione, il tema è scottante, i dubbi non vengono fugati, il mistero al momento resta inspiegabile, siamo contenti come la Pasqua appena trascorsa guardiamo avanti, superiamo l’ostacolo e ci dirigiamo serenamente, anche se leggermente con i tempi tirati, all’imbarco della tratta a me più congeniale, gradita, auspicata, quel Milano Dubai che ogni volta dona emozioni, sorprese, brividi di compiacimento, scosse di adrenalina allo stato puro.

 

Per Cri è la sua prima volta, sono contento, contentissimo di poterle mostrare qualcosa non ancora inserito nella sua lunghissima lista di già fatto, già visto, già vissuto, sperando di riuscire a trasmetterle un po’ di quel fluido magico che mi permette di apprezzare, forsanche a dismisura, quella che ho ribattezzato dreamland o mia personalissima second life. A noi si aggiungono due amici, i Momi, e qui si aprirebbe un capitolo infinito che per questioni di privacy evito di citare in questo resoconto, apprezzo tantissimo la loro partecipazione e gradisco fin dal primo abbraccio la loro presenza.

L’uccello di metallo ha l’unico difetto di riportare la livrea della compagnia di bandiera che sponsorizza gli eterni perdenti dell’altro lato del Naviglio, anche in questo caso guardiamo avanti, non ci badiamo e dubbiosi su come gli sceicchi possano riversare nel cesso per poi tirare lo sciacquone una marea di petrodollari, cerchiamo di chiudere gli occhietti a bordo della macchina volante più grande che attualmente stia solcando i cieli universali. L’accoglienza ci viene data da un caldo teporino intorno ai venticinque gradi di primissimo mattino, ci compiacciamo del tutto, apprezziamo il gesto, non lasciamo la mancia all’ufficio del turismo e saltiamo sopra a un mini suv che se fosse stato leggermente più spazioso non avrebbe certamente causato lamentele e rimostranze da parte nostra. Il primo impatto ci dona serenità e stupore nello stesso istante, io che guido sicuramente non ne ho molto la possibilità ma gli altri tre zuzzerelloni restano con il faccino o faccione a seconda del soggetto spiaccicato al finestrino con il naso in su perché qua tutto si sviluppa in verticale, con geometrie e dinamiche architettoniche che rasentano l’inverosimile.

 Tagliamo longitudinalmente la città, come un coltello nel burro o come una spatola su una torta pannosa attraversiamo la superficie comunale su un manto stradale a sei corsie per carreggiata, il traffico è praticamente inesistente nonostante periodo lavorativo e giungiamo in orario schedulato fin da altro continente per la colazione da Carluccio in riva alla Marina. Ogni volta salta fuori qualcosa di nuovo, d’innovativo, di originale, d’inaspettato, di sorprendente, di sbalorditivo e quest’anno dell’uovo di cioccolato al latte di cammello è apparsa un’isola, dal nulla è comparsa infatti Ain Island, su cui stanno completando la ruota panoramica più grande al mondo (era inutile precisarlo dato i loro deliri di onnipotenza al cui confronto la grandeur francese è modestia allo stato assoluto) ed entriamo senza alcun tipo di problema di accesso (questo sì che è marketing turistico senza pari al mondo) al Caesar Palace, versione in salsa di datteri di quello di Las Vegas, sicuramente pacchiano e kitsch per certe sue esagerazioni ma al tempo stesso tempio del lusso e della perfezione stilistica. Pomeriggio in spiaggia con piscina a sfioro e più che apprezzata alitata di vento che ci permette il giusto connubio con il sole tropicale per una permanenza rilassante fino al calare dell’amica stella abbronzante. La cena a buffet al M Gallery del Retreat by Sofitel avrebbe qualche appunto da ricevere, siamo in buona e cerchiamo di evitare sagaci e pungenti commenti su Trip Advisor, maciniamo in estremo sciallo una cinquantina di chilometri per mettere il naso e lasciare anima e cuore in tre stamberghe fatiscenti che rispondono all’insegna Bulgari, Four Seasons e Mandarin Oriental, ove è impossibile non vedere, non annusare, non toccare con mano il potere del Dio denaro, il significato del frusciante sperperato, il credo perenne e onnipotente dato dalla plastica fantastica che tutto permette, in un contesto di eleganza, classe, bellezza, raffinatezza, cura decisamente fuori portata per il novantanove virgola nove per cento dei comuni mortali, in presenza tra l’altro di squadre intere di fanciulle esercitanti la professione più antica del mondo, abbigliate in maniera tutt’altro che castigata e morigerata, al punto da ridurre le famose serate del Bunga Bunga di berlusconiana memoria a incontri spirituali per future suore di clausura.

La colazione del mattino, bordo piscina a circa dieci passi dalla sabbia e non più di dodici da uno specchio di mare che seppur non maldiviano ha sicuramente voce in capitolo per trasparenze ed effetti cromatici, ci permette di alzare palette con ottime valutazioni, passiamo due ore molto abbondanti accarezzati da raggi solari che stasera certamente si faranno sentire e forse non del tutto soavemente. Ci avventuriamo nella teorica vecchia Dubai, qua di antico e di storico non esiste proprio nulla, non crediamo possa sorgere un palazzo o un reperto risalente a prima della seconda guerra mondiale, ci addentriamo tra mercatini di tessuti e spezie che ricordano indiscutibilmente le interminabili trattative per l’abbassamento e l’abbattimento dei costi già vissute in Nordafrica, ma come ovvio tutto il mondo è paese. La prenotazione effettuata con settimane e settimane di anticipo ci permette la salita al Burj Khalifa, il palazzo più alto del mondo e in tutta franchezza  bisogna ammettere che guardare l’orizzonte da così in alto mette brividi di emozione e permette visioni mai apprezzate in precedenza, 124 piani sono sinceramente tanta roba e, forse con l’unico rimpianto che un orario diverso dal tramonto avrebbe forse permesso una visuale meno riflessa sulle vetrate, riportiamo i piedi per terra consci di aver vissuto un’esperienza che sicuramente è da annoverare tra le più memorabili del nostro mezzo secolo di presenza al mondo.

Il buon Giorgio Armani bisogna ammettere che ha proprio ottimo gusto, savoir faire e capacità imprenditoriali se analizziamo quanto è in grado di proporre all’ospite del suo alloggio pluristellato che si presenta tra bar, lounge, ristoranti, albergo quanto mai accattivante, con colori tendenti alle più svariate tonalità del marrone, del beige, del nocciola, del taupe , in un tripudio di eleganza che solo il patriottico Made in Italy è in grado di esportare all over the world. Il mio stomaco e il mio intestino si stanno ribellando, entrano in sciopero, si rifiutano di collaborare alla digestione di quanto assimilato nel corso di una parca e morigerata colazione, sinceramente non comprendo le difficoltà nel mixare sapientemente le poche calorie contenute in tre bicchieri di succo di arancia, in un frullato di anguria, in due fette di pane con marmellata di fragole, in tre pain au chocolat, in una porzione di ciambellone al cacao, una necessaria dose di salmone affumicato, qualche pezzetto di formaggio, in un’omelette con dadini di pomodoro, in un paio di pan cake con nutella e panna montata, il tutto, giusto per rinfrescare l’alito, completato da frutta fresca in quantità.

Prendiamo la Chevrolet, puntiamo verso sud su uno stradone immenso e ben poco trafficato, ci fermiamo per un paio d’ore in un outlet che appare come un vecchio borgo toscano atterrato nel bel nulla del niente del deserto emiratino, facciamo degli affari veri, per sul serio, con l’acquisto di scarpe che erano diventate il vero trofeo della vacanza estiva a stelle e strisce, prima di giungere ad Abu Dhabi in tempo per il tramonto. Probabilmente saremo assunti da un motore di ricerca dedicato ai viaggi, sarà forse per quello che iniziamo una sequela infinita di visite ad alberghi di tutti i generi e tipi, ovviamente con un’infinità di stelle che li ricoprono e illuminano e che vede il suo trionfo nel perfino esagerato lusso sfrenato dell’Emirates Palace, un tripudio di troppo in tutto che alla fine non ci conquista e ci convince. La gita vede la sua apoteosi con la visita alla Great Mosquee, illuminata a giorno con luci dalle varie tonalità e sfumature che la fanno apparire magica e strabiliante, ci caliamo in questo mondo fiabesco leggermente deturpato però dell’apertura di moltissimi negozi che appaiono sfregiare il contesto sacro e religioso, i mercanti dal tempio dovrebbero essere immediatamente cacciati ma ovunque ormai regna solamente il credo del vil denaro. Le Signore assumono le sembianze di lucertole, gechi, salamandre, camaleonti piazzandosi al sole e rigirandosi saltuariamente semplicemente per assumere la giusta doratura cutanea mentre i due imbolsiti maschietti preferiscono poltrire sotto gli ombrelloni causa eccesso di riverbero che ha già procurato loro notevoli sofferenze all’epidermide.

Quasi contro la sua volontà sollevo di peso Cri Cri dal lettino in cui si era pietrificata per visionare tre alberghi sulla tanto famosa Palma, il Sofitel è quasi inutile da descrivere, semplicemente perfetto, il Kempisky troppo imponente, maestoso ma al tempo stesso impersonale e poco ospitale, pur con una spiaggia da capogiro, mentre restiamo senza parole e respiro varcando la soglia dell’One&Only, un’oasi di bellezza, una chimera di eleganza, un miraggio di pace e di tranquillità senza paragoni. Per l’ultima cena optiamo verso lo struscio a Dubai Marina, il walk pedonale è un qualcosa di veramente unico e inimitabile, recentemente costruito ove prima era solo spiaggia, appare curato nei minimi dettagli e particolari per farti sentire completamente a tuo agio e soddisfatto in ogni tua esigenza.

Ceniamo con un amico di vecchia data dell’inimitabile scrittore e dell’impareggiabile fotografo, anche lui un vero personaggio sui generis e oltre le righe, istrione e imbonitore di rara maestria, ci aggiorna delle ultime novità locali dal punto di vista architettonico, culturale, sociale, fiscale lasciandoci basiti con una serie di aneddoti che stuzzicano fantasie imprenditoriali e voli pindarici in questo paradiso tributario off shore. Una valigia preparata alle tre di notte per un risveglio previsto alle sei meno un quarto da capire quanta voglia avevamo di rimanere in loco e quanta poca di ritornare in patria dopo quattro giorni vissuti alla stragrande in questo parco giochi per bambini molto cresciuti.