Dubai - Pasqua 2018

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Il tempo passa per tutti, gli anni si susseguono, le nuove generazioni soppiantano a piè pari genitori e antenati, al progresso non esiste limite e freno e tutto ciò è applicabile e riconducibile all'esperienza che sto vivendo da qualche ora a questa parte: da teorico capogruppo di viaggi, vacanze e scampagnate fuori porta mi ritrovo gentilmente aggregato e non so quanto sopportato dai pargoli accompagnati dalle loro rispettive dolci metà.
In tutto nella vita esiste o potrebbe essere vissuta una prima volta ed eccomi allora ad appropinquarmi alle sacre festività pasquali in compagnia di quattro teenagers che teneri, affettuosi e molto rispettosi s’imbarcano sul direttissimo Mxp-Dxb per il loro effettivo primo viaggio tutti insieme appassionatamente.


L'Airbus A380 battente bandiera emiratina è garanzia di comodità, servizio, puntualità, cerchiamo di intavolare il gioco delle tre tavolette, carta che vince carta che perde per fare uno spostamento dei posti, il full booked ce lo impedisce e allora mi accuccio quatto quatto in un angolino cadendo in un riposino piuttosto intermittente che però mi fa saltare a piè pari la cena aerea, gradita e bissata dai bimbi in fase di crescita.


Veniamo realmente cristallizzati e crioibernati sul pulmino che ci trasporta dai piedi del gigante dei cieli a due piani al terminal di Emirates che viene raggiunto dopo un girovagare infinito tra hangar, depositi, mastodontiche strutture e innumerevoli aviogetti che fanno apparire i nostri aeroporti desolate lande post esplosione nucleare.
Solita fila chilometrica al controllo passaporti, nulla di tragico con tempistiche piuttosto celeri ed ennesima considerazione di quanto quest’angolo di deserto popolato fino a trenta anni fa da pastori di cammelli spelacchiati e beduini senza arte né parte sia diventato ora un vero e proprio crogiolo di ogni tipo di umanità, con ogni tipo di colore cutaneo e mescolanza di stirpi possibili e immaginabili.


Tranquillissimo adagiamento dei bagagli in quel del Suha Marina Apartments, Carlotta ha un ridottissimo beauty case più alto di lei e più pesante di Tommaso, Marta si è limitata a un trolley stile Barbie, disponiamo tutto al meglio e un paio d'ore di piscina prima di raggiungere la battigia della Jumeirah Beach ci fanno apprezzare il caldo abbraccio e il tiepido alito dei trentacinque gradi, fortunatamente piuttosto ventilati, che ci accolgono a braccia aperte, con il solito, apprezzatissimo bon ton di benvenuto.


Qua non si fermano mai, tutto è in continuo mutamento, work in progress all the year long e nuovi edifici spuntano come funghi nonostante la mancanza assoluta di umidità, ogni volta di più ci chiediamo come facciano e soprattutto dove possano trovare tutti questi fiumi di denaro per lasciare stupiti e basiti i sempre più numerosi e attoniti frequentatori.


Spiaggia, qualche foto giusto per mettere in movimento alcuni muscoli e diversi tendini, passeggiatina stile pensionato senza meta e traguardo scandiscono il primo pomeriggio, mentre l'inizio serata è movimentato da un errore di valutazione nella durata di cottura della carne da parte di Masterchef Nico che provvede bene a far scattare ogni tipo di allarme antincendio, seminando il panico tra tutto lo staff del palazzo.
Mentre le prime ombre della notte calano su questa città che non dorme mai, con buona pace del vecchio Sinatra e della sua vetusta New York, milioni di luci si accendono in palazzi, alberghi, condomini, barche ormeggiate in questo paese dei balocchi, sicuramente artificiale, inventato, senza storia, senza anima ma certamente ammaliante e dal fascino senza fine.


Il nostro buon proposito di realizzare una sgambata mattutina sul lungomare s’infrange costantemente contro la colonnina di mercurio perennemente oltre i limiti di sopportazione, cerchiamo refrigerio sul un vascello poco battello che per fortuna sapeva navigare e lasciamo Dubai Marina per fare rotta verso l'ultima follia ed il più recente sfizio di questi simpaticoni sempre in cerca del miglior modo per scaraventare nel sifone del lavabo una cofana di dirham.
Dopo essere rimasti a bocca aperta e gola riarsa davanti all'isola che non c'era, inventata a piè pari negli ultimi due anni per fare da piedistallo a quella che sarà ovviamente la ruota panoramica più grande del mondo, arriviamo dopo aver circumnavigato la mitica e favolosa Palma, alla Dubai Canal Station che altro non è che la partenza di un braccio di mare scavato artificialmente per una ventina di chilometri nell'entroterra, giusto per creare un divertissement da inserire nel Guinness dei primati dello sperpero assoluto.


Ci facciamo un giretto in un paio di misere locande con annesso dormitorio che raggiungiamo grazie alla brillante idea ed ai più sofisticati mezzi tecnologici a disposizione del buon Nic, che ci permette di applaudire la classe, la raffinatezza, la cura, lo stile del Four Seasons Jumeirah, ove veniamo letteralmente inseguiti dal solerte concierge che ci obbliga a ricevere bottiglie d'acqua per la nostra permanenza in quest’umile struttura, mentre lo stile italiano viene esaltato all'apoteosi nelle pregevoli rifiniture architettoniche e logistiche del Bulgari Hotel.
Anch'esso sorto ove prima sguazzavano placidamente pesciolini e pescioloni, ci colpisce per charme dei dettagli e savoir faire del personale, come disse Don Vito il mito, la qualità si paga ma personalmente 40 euro per due estratti di macinatura di semi colombiani, una tazza di acqua tiepida sporcata con polvere di the ed un bicchiere di succo di cocomero sbiadito ci appaiono leggermente fuori mercato della decenza, per la verità dopo aver sbocconcellato pure due crumiri pietosamente messi a disposizione dalla proprietà.


Arriviamo al Dubai Mall dopo sosta fotografica e visita di pura curiosità alla fantastica struttura dell’Opera, sorta in due anni ove prima vigeva il nulla, ed assistiamo per l'ennesima ed ormai incalcolabile volta allo spettacolo di zampilli d'acqua e diffusione di note musicali al cospetto di diverse migliaia di persone con il naso in su e la mascella anchilosata.


Che gli indigeni fossero leggermente megalomani e tutto fuorché che oculati e parsimoniosi lo avevamo capito da tempo, ma l'allargamento smisurato del già iperbolico settore dedicato alla moda nel più esteso mall del mondo ci lascia stupiti, basiti, inebetiti, perplessi, decidiamo di non far commenti, scuotiamo prolungatamente il capo ed ammiriamo ogni tipo possibile ed immaginabile di brand, di marca, di griffe, di logo che faccia tendenza e che soprattutto costi a livello spropositato, il buon Asterix direbbe sono pazzi questi emiratini .
Con un semplice biglietto del metro facciamo un salto all'indietro di alcuni secoli dal fantasmagorico luccichio della Dubai proiettata verso il tremila ai quartieri tipicamente orientaleggianti caratterizzati da mercati, da baratti, da scambi che qualche dubbio circa la loro autenticità e legalità sicuramente ce la fanno supporre: il susseguirsi di cianfrusaglie, detersivi, spezie, gioielli, apparecchi pseudo tecnologici ci portano immediatamente alla napoletanità più esasperata al grido di truffa, truffa, ambiguità.


Tipico e tattico attraversamento del creek sulle abra, gusci di noce intagliati in legno poderoso e cena che, nel mio maccheronico inglese, prego ed invito di servire not spicy: le mie papille gustative malediranno le venti generazioni a seguire del cuoco che è riuscito a trasformare un petto di pollo alla piastra ed alcuni gamberi fritti in vere e proprie fiamme dell'inferno, portandomi ad avere una lingua a penzoloni raso talloni.
Le solite magiche maestrie telefoniche del Nico ci permettono di evitare la circonvenzione d’incapace cui siamo stati attori passivi con i maledetti pellerossa della Monument Valley e prima di firmare pagherò per tutta la vita riusciamo a noleggiare un Ford Figo modello Luis a dei prezzi più che congrui ed abbordabili.
Facciamo rotta verso sud, inforchiamo le sei corsie direzione Abu Dhabi, adattiamo il bluetooth ed i marchingegni digitali per ascoltare una melodia adatta ai nostri padiglioni auricolari, passando pertanto dai richiami dei muezzin beduini alle rime baciate delle parolacce di Scemoebbasta, rivoglio i Ricchi e Poveri, il Quartetto Cetra e Peppino di Capri.


L'Outlet Village pochi chilometri più a sud di qua è senza eufemismi e giri di parole un qualcosa di deprimente, raccapricciante, inqualificabile: stupenda struttura di pietra a vista che vuole rifarsi in tutto e per tutto a San Gimignano di toscana memoria è drammaticamente vuoto, desolatamente abbandonato, tristemente non frequentato, siamo gli UNICI presenti e fuggiamo a gambe levate prima di poter essere contaminati da qualche virus ivi presente che ha portato all'estinzione della stirpe umana.
Il Viceroi Hotel di Yas Island oltre ad essere la modesta locanda dei piloti che qua terminano il campionato di Formula Uno è la quintessenza dell'architettura avveniristica ed il ricettacolo di tutta una serie di personaggi senza arte né parte che ci chiediamo come possano avere tutto questo denaro per alloggiare in cotanto sfarzo.
Mangiamo in una marina ovviamente artificiale, ci chiediamo quanto Lego sia stato utilizzato per creare queste intere borgate che non esistevano fino ad alcuni mesi fa e rendiamo omaggio, con plauso compreso, alla maestosità effettiva e roboante della Great Mosque, con un rutilante susseguirsi di marmi scintillanti, preziosi tappeti, luminosi lampadari, lussuosi alabastri.


I francesi, brutta razza non particolarmente simpatica, sanno il fatto loro ed alla modifica cifretta di 500 milioni di euro si sono degnati di prestare il nome Louvre al museo sorto sull'ennesimo prosciugamento marino prospicente la Corniche: la struttura è fantasmagorica, il colpo d'occhio strabiliante, le opere che vanno dalle statue greche ai busti romani, dai sarcofagi egizi alle maschere cinesi, da Leonardo a Tiziano, da Monet a Van Gogh, da Pollock a Mondrian, da Andy Wharol a Picasso sicuramente non sono delle "croste" ma una sistemazione cronologicamente più comprensibile sarebbe certamente più apprezzabile dello strano mix con cui sono state distribuite tra i vari padiglioni.
Gran finale all'Emirates Palace, modesta e quasi trascurata struttura di dubbia attrattiva ospitante, un vero squallore che pur nella mia delirante fantasia trovo difficile descrivere, mi limito pertanto a consigliarvi un girettino turistico su Google alla voce il troppo che storpia e ad una dose tripla di Alka Seltzer per cercare di digerire il lusso più sfrenato e quasi irritante che offusca le menti ed ottenebra gli spiriti di coloro che ci mettono piede.
Quest'anno il divertimento puro a queste latitudini sembra essere il trovare il modo migliore per sboccare, sbroffare, rivedere il panettone del 1994, come diceva il buon Tommino piccino avere il "gomitino": non contenti delle piroette con evoluzioni aeree di paracadutisti che si lanciano in continuazione sopra le nostre testoline, ecco il palo conficcato nella spiaggia al cui culmine gira una tavola rotonda con commensali penzolanti che consumano cibarie varie sopra i bagnanti a trenta metri di altezza piuttosto che una fune d'acciaio tesa in mezzo alla Marina con uomini proiettile stile Takeshi Castle che sfrecciano alla ricerca della mai prima provata sensazione brividosa .
L'aver affittato la macchina ci permette giri e giretti inizialmente non considerati per cui ce la prendiamo con estrema calma, vediamo e rivediamo attrazioni già ben note, cerchiamo di scoprire un nuovo che comunque appare sorprendente ad ogni nostro sopraggiungere, capendo che lo sport nazionale appare il voler stupire, sbigottire per non dire annichilire turisti d'ogni donde ed allora un fischio di ammirazione fuoriesce incontrollato nell'ammirare le ultime costruzioni edificate sulla Palma, isola artificiale emersa dal nulla grazie a fantasmilioni e triliardi di dirham per il piacere della vista e del corpo di nababbi dai forzieri decisamente molto capienti.


Mentre dall'amata penisola arrivano confortanti conferme dell'ennesima disfatta dell'accozzaglia rossonera alla perenne ricerca di pietose elemosine, completiamo il giro delle stamberghe ricettive curiosando impunemente tra One&Only on the Palm, Kempisky, Medinat, Jumeirah e Waldorf Astoria, tutto ovviamente ben lieti di aprire le loro sontuose porte per una forma quanto mai evoluta di marketing visivo e propositivo.
L'ultimo giorno ci riserva un accenno di condensa dato dal gran caldo, nulla probabilmente al cospetto di quanto si sta appropinquando nei torridi mesi a venire, ma forse più facilmente potrebbero essere le nostre cornee velate da un sottile strato di lacrime al pensiero di aver posto termine all'ennesimo seppur sempre graditissimo soggiorno in questa realtà che non finirà mai di stupirci.