FORMENTERA - LUGLIO 2008

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Annie ha sempre sostenuto che la realtà aeroportuale sia un mondo a parte, una parentesi in cui possa capitare di tutto e ove fosse possibile avere un’immagine della variopinta psicologia umana ed infatti eccoci al cospetto dell’emblema della maleducazione, dell’arroganza e della prepotenza impersonificata dal tipico zoticone pseudo manager anchilosato al suo cellulare che salta impunemente l’interminabile coda al controllo bagagli avendo anche il coraggio di far finta di niente: non ci vediamo più dalla rabbia mentre la bile sale a livelli di guardia e senza giri di parole provvediamo per un po’ a subissarlo di improperi e di complimenti sarcastici circa la sua classe a dir poco inesistente.

Vediamo di non esagerare data la presenza delle innocenti orecchie dei giovani figliuoli, ci imbarchiamo per la prima volta con la Vueling e nell’arco della durata di una al momento tanto agognata partita della Beneamata raggiungiamo Ibiza, base di lancio del trampolino che ci proietterà verso Formentera, meta a lungo sognata e desiderata nel corso dei nostri voli pindarici di turistica astrazione.

Preoccupati della ristrettezza temporale delle coincidenze che rischiano di lasciarci a terra impedendoci di salpare per tempo, ringraziamo l’organizzazione iberica, ora molto più efficiente di quella germanica e teutonica, che ci permette di ricevere i bagagli in un batter d’occhio e di rispettare la tabella di marcia che prevede lo sbarco non clandestino sull’isola per le nove e mezza di sera.

Paolo e Silvano, i due tenutari della villa ove alloggiamo, sembrano usciti da un film di Salvatores stile Puerto Escondido in salsa mediterranea, i tipici maschi in fuga da una realtà contemporanea troppo stretta, troppo assillante, troppo banale, troppo organizzata per delle figure alla ricerca continua di chissà quale libertà.

L’abitazione costituita da cinque appartamenti in tre piani prospicienti una piscina d’acqua di mare è decisamente carina e funzionale, pur in stile con la personalità dei proprietari e quindi necessitante di attenzioni, cure e miglioramenti che verranno, forse, presi in considerazione nei lustri a seguire.

Con due scooter a nostra disposizione cominciamo le nostre scorribande sull’isola, girando continuamente tra una spiaggia e l’altra, avendo l’imbarazzo della scelta dell’arenile più pittoresco ed attraente ove stenderci per farci coccolare e baciare dell’invitante sole spagnolo.

Iniziamo da Plaja Migjorn con il primo splash molto apprezzato, siamo solo noi in uno spazio molto esteso e poco frequentato , se si escludono i primi gruppetti di nudisti con il dondolino in bella vista, come immediatamente descritto dall’acuto Tommy mentre Nico adotta d’amblais il mood locale con fascia alta perennemente in fronte e capelli allo stato brado.

Vediamo a questo punto anche noi genitori di non essere da meno ed allora eccoci in versione a dir poco selvaggia, lontana comunque ancora anni luce dagli aficionados del posto che appaiono con un’aurea di bastarda trasgressione perennemente stampata sul viso.

Giriamo per Es Pujols tra bancarelle quanto mai commerciali e non tipicamente artigianali, gestite da pseudo fricchettoni decisamente non al passo con il fluttuare del cambio euro-dollaro ma comunque abbastanza pittoreschi nella loro scenografia di collanine, braccialetti e parei sgargianti.

Illetas è a mio modestissimo parere una delle piscine naturali più affascinanti del pianeta terra: è assai complesso e praticamente improbo poter descrivere le emozioni e le sorprese che colpiscono il turista che ha la fortuna immensa di poter nuotare in un’acqua cristallina, adagiandosi su una distesa di polvere bianca ( mi raccomando non fraintendiamo il significato letterale della descrizione), cullato da una memorabile brezza marina, senza venditori ambulanti di alcun genere, specie e tipo, il tutto assolutamente e totalmente gratuitamente.

E qui apriamo una breve parentesi economico-finanziaria: la tanto favoleggiata convenienza spagnola deve essersi eclissata nella notte dei tempi in quanto ogni cosa viene proposta a prezzi tutt’altro che vantaggiosi per cui è sicuramente consigliato un portafoglio a fisarmonica per poter far fronte ai 3,50 euro per il più semplice dei gelati confezionati per non parlare della pugnalata tra le scapole ricevuta al momento della firma a piè di scontrino, dopo aver fatto strisciare la plastica fantastica per i 135 euro necessari ai venti minuti di traghetto per godere di tanta meraviglia.

Al diavolo parsimonia ed oculatezza propri del dilagante pensiero metropolitano, cerchiamo di vivere questa settimana al passo con le abitudini locali ed allora trascinati dai due piccoli conquistadores che conoscono a meraviglia cartine stradali e locali di tendenza, stile film “Svalvolati on the road” facciamo tappa per l’aperitivo all’affascinante Blue Bar, per recarci in seguito al chiringuito Lucky attualmente andante per la maggiore dopo la chiusura forzata del Blanco e del Giallo causa eccessi di tasso alcolico che hanno provocato stragi di scooteristi lanciati a folle velocità sulla carrettera che attraversa longitudinalmente la dorsale dell’isola.

Il rito del tramonto, ripetuto per due volte causa nuvola di Fantozzi stagliata nel cielo blu proprio sul più bello, non può che avvenire nel leggendario Big Sur, piedi nella sabbia ancora calda, circondati da centinaia di ragazzi, giovani o non più tali alla ricerca di compagnia, simpatia e magari anche di qualcosa d’altro, tra i quali si stagliano nettamente le figure di quattro stalloni italici targati Mondadori che fanno bella mostra di sorrisi stampati, bicipiti torniti e pettorali scolpiti.

Cena nella sempre caotica Es Pujols che sembra svegliarsi dal torpore non prima dello scoccare delle undici della tarde e rientro sotto un cielo puntinato da migliaia di segnali stellari che sono l’unico supporto in assenza completa e totale di illuminazione stradale.

Apriamo gli occhietti a causa di lame solari che si conficcano direttamente nelle palpebre e cambiamo lato della nostra perlustrazione, questa volta puntiamo a nord ovest verso Cala Saona, decisamente più riservata e meno mondana, incastonata tra boschetti di pini marittimi degradanti fino al bagnasciuga per poi proseguire fino a Cap de Barbaria ove un faro si staglia nel nulla più assoluto per segnalarci la presenza di una scogliera mozzafiato e di una caverna naturale di raro fascino .

Passiamo da San Francisco, pomposamente denominata capitale ma desolatamente vuota causa ora della siesta e ci dirigiamo verso il Pilar de la Mola, altro fanale luminoso di grande fascino che la domenica pomeriggio ospita nei suoi dintorni un mercatino hippie di indiscutibile attrazione ma di tristezza invereconda al pensiero dello stile di vita di questa accozzaglia di cappelloni malamente tatuati e borchiati alla ricerca di non si sa quale obiettivo esistenziale.

Come sempre cerchiamo di sottolineare i tratti di qualche personaggio incontrato strada facendo che si è messo particolarmente in risalto ed allora perché  non citare un gruppo di undici dicasi undici giovanotti che nel paradiso del rapporto interpersonale per non dire dell’amore libero e della trasgressione più assoluta si sedevano in spiaggia intorno alla compagnia di una super bambola gonfiabile  o del mitico vicino di casa, spumeggiante ed irrefrenabile sorpassatore della soglia del mezzo secolo di vita che al momento dell’innocuo confronto delle immagini scattate nel corso della giornata provvede bene a mostrare ogni dettaglio più dettagliato della fisionomia corporale della propria compagna di vita.

Ripartiamo all’avventura e come farci mancare allora una gita in barca per solcare le argentee acque di fronte a La Savina per giungere, dopo graditissima ed indispensabile prolungata sosta nella fantastica Illetas, all’isolotto di Espalmador ove il più cobalto dei cieli fa da contrasto con la più trasparente delle distese liquide: adottiamo usi e non costumi praticamente obbligatori e come mamma ci fece attraversiamo una bassa boscaglia per giungere ad un laghetto sulfureo in cui ci ricopriamo di fango grigio che si solidifica immediatamente alla nostra pelle decisamente abbronzata.

Facciamo rientro prima del tramonto, giusto in tempo per organizzare la serata che prevede un rapido passaggio per altri locali must stile il Nero Opaco, il Banana, il Mocambo prima di mettere le gambe sotto il tavolo del tanto fantasticato Fonda Pepe, meta delle scorribande di generazioni e generazioni di vacanzieri, avventurieri, sognatori o semplicemente sbandati.

Grossi e pesanti goccioloni fanno la comparsa proprio sulla via del ritorno del nostro tragitto finale prima di chiudere gli occhietti per l’ultima volta su questo indimenticabile  luogo che ci ha donato così tante emozioni nel corso della più rilassante, piacevolmente goduta e tranquilla vacanza degli ultimi anni .

Giovedì mattina lasciamo con ben più di un rimpianto il porto di Formentera per giungere a Eivissa, come viene pronunciata dai catalani ( qua siamo peggio che in presenza di una banda di inferociti leghisti contrari al potere centralista di Roma ladrona ) ove scattiamo gli ultimi dei 651 fotogrammi che ci faranno compagnia nei freddi e piovosi inverni lombardi, riscaldati dal pensiero e dal ricordo di questa terra meravigliosa e praticamente imparagonabile.