MAR ROSSO - NOVEMBRE 1998

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Accompagnati da Stefano, noto internettista italo-americano, e dalla di lui dolce compagna Vanessa, cugina non smentita del Fenomeno Luis Nazario da Lima, sfidiamo un branco di lupi artici per fendere la nebbia padana ed appropinquarci verso la tanto contestata Malpensa 2000, starting point del viaggio invernale dei tre Caprotti e tre quarti.

Appollaiatici su un aviogetto di sconosciuta provenienza e di dubbia affidabilità, partiamo ovviamente in ritardo verso la desertica Sharm-el-Sheikh, talvolta vituperata talvolta osannata dependance stile romagnolo delle italiche coste.

L’impatto in terra africana è tutt’altro che attraente, una striscia di bitume catramato tra montagnole di arido pietrisco assume il pomposo nome di aeroporto internazionale del Mar Rosso, ove come un’inerme carovana veniamo assaliti da torme di visi scuri alla ricerca spasmodica di una immeritata, immotivata e ovviamente non concessa ricompensa.

Come sono lontani i bei tempi quando il mitico Lorenzo con tronfia generosità ed encomiabile magnanimità lasciava di mancia ben 3 centesimi di dollaro canadese come se fossero la più grande delle elargizioni dopo aver sbancato un casinò.

L’arrivo ed il conseguente rifornimento culinario nell’albergo stelle e strisce permette l’immediato rialzo delle quotazioni borsistiche del nostro trip: splendide architetture in cristallo, trionfi di buffet, cascatelle romantiche e piscine di grandezza lacustre ci permettono di fare grandi progetti pindarici.

Facciamo coppia fissa con un barman ed una barwoman liguri anch’essi alle prese con il frutto del loro amore e come noi impegnati ad apprezzare al meglio tutto ciò che ci viene proposto,  non poco, dal punto di vista turistico-paesaggistico-vacanziero: si potrebbe facilmente risalire con la mente al termine “serviti e riveriti” perchè nulla manca in questo agglomerato urbano nato dal nulla più totale tra le sabbie del Sinai.

L’azienda del turismo mette gentilmente a nostra  disposizione una leggera brezzolina che ci permette la giusta rosolatura dell’epidermide sotto un sole quanto mai apprezzato ed amico che ci invoglia al tenero abbraccio con le calde acque prospicienti.

“Claudio la pescheria dei milanesi” avrebbe un colpo apoplettico nel vedere la quantità e soprattutto le dimensioni dei pesci, sarà possibile chiamarli ancora così ?, che sguazzano tra le nostre gambe a qualche centimetro dal bagnasciuga, rendendo assolutamente superfluo il dover armarsi di ipertecnologiche attrezzature alla ricerca di splendide sensazioni ora più che mai alla portata di mano.

Sinceramente dubbiosi tra il dolce far niente, il meritato riposo e lo spirito avventuriero di Lawrence d’Arabia, coinvolgiamo i simpatici compaesani a seguirci in una riserva naturale a qualche distanza dalla civiltà: ci addentriamo a Ras Mohammed, un parco ittico di notevole spessore qualitativo, con struscio delle più sconosciute razze. stirpi e genealogie di abitanti degli abissi, raggiunto dopo un giusto assaggio di deserto, possibile culla del futuro nascituro viste le asperità e le difficoltà superate dalle onnivaganti quattro route motrici che ci scarrozzavano.

Perfetta tappa di avvicinamento al Santo Natale, questa pausa vacanziera appare giorno dopo giorno quanto mai azzeccata, il loco è superiore alle aspettative, la distesa liquida decisamente fotografabile, il clima assolutamente adatto al confronto con il gelido inverno padano, la compagnia varia e  diversificata: gente normale, uomini semplici, coppie miste, affermati imprenditori fanno da coreografia a questa boccata d’ossigeno africano.

Degni di nota la figura di Marco, supervisor dell’organizzazione, molto attento alle esigenze degli ospiti maschili ed in particolare a quelle del pansotto chiavarese, e le silhoutte delle due insegnanti di aerobica rumene, immediatamente ribattezzate “culi alti” e prontamente tenute dalle italiche mogli a distanza di sicurezza degli appetibili coniugi.

Il testa e croce con la sorte mi ha permesso di effettuare una gita imprevista ma assolutamente indelebile nel futuro a venire: alle sei del mattino, mentre tutti i cristiani pensano bene di tener ben serrate le palpebre, prendo uno sgangheratissimo e quanto mai traballante uccello di ferro della udite bene Orca Air per raggiungere la misteriosa Luxor.

Miei cari ed affezionati lettori, il vostro scrittore preferito, sfidando l’ira funesta dell’irascibile Simone, imbraccia l’inseparabile Nikon ed inizia una visita cultural-storico-architettonico in uno dei siti più affascinanti della specie umana.

Grazie a tecniche ingegneristiche assolutamente impensabili a tutt’oggi e con una fantasia degna della miglior ecstasy di riminese produzione, quattromila anni fa si riuscivano a costruire palazzi, tombe, templi e monumenti funerari incredibilmente affascinanti, indiscutibilmente unici, totalmente inimitabili.

Bisogna essere sinceri, un’incredibile sensazione di grandezza e di maestosità viene sprigionata da quasti resti perfettamente conservati, simbolo e manifestazione della immensa potenza di personaggi che avevano molto più del divino che del terreno, artefici e destinatari di opere che rappresentano una piramide miliare della storia umana.

Circondati da un’infinità di militari, poliziotti, boy-scout armati fin sopra i capelli causa tristi reminescenze relative al tiro al piccione del 1997 quando un gruppo di fondamentalisti islamici aveva previsto bene di esercitarsi al tiro al turista con 64 centri  e conseguente crack turistico stile crollo della

borsa a Wall Street nel 1929, visitiamo la Valle dei Re, la Valle delle Regine, il tempio di Karnak e quello di Lukor, quest’ultimo ormai inglobato in un territorio urbano assai fatiscente, emblematico esempio di un paese che anche dal punto di vista lavorativo è rimasto arretrato di secoli rispetto all’opulenta ma ormai abituale modernità occidentale.

Pappa reale nel solito iper-hotel svizzero da papponi e tenutari di harem and flight back to Sharm con la certezza di aver immagazzinato immagini, sensazioni e esperienze assolutamente irripetibili, soprattutto pensando che il tutto è stato concepito prima che sorgesse il mito della Grande Inter.

Come sempre è il  momento dei bilanci, dell’analisi dei lati positivi,  veramente tanti,  e di quelli negativi, se proprio vogliamo trovare il pelo nell’uovo un piccolo appunto alle morbose attenzioni, stile mostro di Marcinelle, dedicate dai locali agli under 36 mesi si potrebbe fare, ma è sicuramente meglio ringraziare tutti, prendere armi e bagagli e rientrare nell’adorata Milano, dove il solito inaffidabile milanista provvede bene a smaltire la rabbia per l’ennesima, scioccante e veramente cocente delusione domenicale, decidendo di lasciarci al freddo ed al gelo della mezzanotte in quel di un hangar nei pressi di Cerro Maggiore.