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Si dice che nella vita c’è sempre una prima volta ed ecco perciò che uniamo tre generazioni famigliari per una scorribanda in terra egiziana in quel della metà di Novembre.
Praticamente obbligati dalla scelta effettuata dal prode Niccolò, autoproclamatosi timoniere senza timore delle nostre gite fuori porta, uniamo le nostre speranze di calore e di tranquillità africana con i nonni Passoni, desiderosi quanto e forse più di noi di essere cullati, serviti e riveriti sotto il solleone extraeuropeo.
Malpensa 2 , il vecchio per intendersi, ad un certo orario sembra più Milano in pieno agosto che il principale nodo aeroportuale dell’Italia Cisalpina, spettri e fantasmi ci fanno compagnia mentre il famigerato Nic esorta con un invito vocale simile ad un arroventato pungolo il malcapitato assistente di terra alle prime armi con tastiera e codici di imbarco.
Eccoci alla prima sorpresa negativa: non soddisfatti dal solo ritardo accumulato in partenza, i gentili organizzatori prevedono bene di fare una lotteria per decidere dove farci fare scalo nell’italica capitale, estraendo dal cilindro infine il bussolotto di Fiumicino che ci vede forzati spettatori per un’attesa imprevista che ci ritarda di un paio d’ore la tabella di marcia.
Voliamo tutta la notte e quando i primi raggi solleticano la sabbia del deserto egiziano prendiamo il contatto con l’africano suolo che viene attraversato su di un autobus che per scricchiolii, cedimenti e sinistri cigolii a ben poco a che vedere con un mezzo di locomozione.
Arriviamo all’albergo, ovviamente non quello prenotato perchè nel frattempo avevano provveduto al cambio di destinazione del gruppo vacanze Passoni-Caprotti, e tastiamo con mano che l’Egitto può essere veramente accogliente: piscine di tutte le forme, dimensioni e temperature, serie infinita di dipendenti, aiutanti e servitori, colazioni, pranzi e cene di notevole livello culinario accrescono il valore aggiunto di quest’angolo di deserto chiamato El Gouna.
Costruito dal niente, sul niente e dal futuro misterioso, questa amena località è sicuramente attraente, tutta una serie di canali lambisce le spiagge unendo una serie di alberghi che troppo semplicemente possono essere qui definiti faraonici.
Effettivamente il trattamento è ottimo, la posizione geografica accattivante, i 32 gradi secchi e leggermente ventilati assolutamente graditissimi anche se non commentati con anima viva essendo noi sei gli unici esemplari tricolori presenti.
Decidiamo di dedicarci alla snervante pratica dell’abbrostulimento solare, del continuo mangiare, del romano oziare che ci viene decisamente bene con grandissimo piacere di Niccolò e Tommaso, principi assoluti ed incontrastati degli specchi d’acqua riscaldati.
Facciamo una breve comparsata in paese, graziosissimo villaggio raggiunto su una piroga carica di stirpi cosmopolite che cercano di spiegare i loro fantozziani e per la verità incredibilmente tragiche vicissitudini di viaggio, gironzoliamo tra casette di tipico stampo europeo, una certa rassomiglianza con Port Grimaud o con la parte meno affascinante di Venezia.
Paul, sempre in cerca di avventure turistiche, provvede a fare una toccata e fuga, in questo caso quanto mai rapida, ad Hurgada, inutile conglomerato urbano dalla sporcizia incipiente, dallo sviluppo disorganizzato, dal degrado evidente: sarà il paradiso dei sommozzatori, ma oggettivamente se escludiamo le bellezze sottomarine, si potrebbe veramente definire un posto da sub-normali.
Decisamente molto più attraente, seppur effettivamente irreale e quanto mai costruita solo turisticamente, l’oasi di El Gouna ci riserva un piacevolissimo giretto architettonico dei suoi alberghi: Movempick, Golf Club e soprattutto Sheraton Miramar sono dimore veramente di lusso, con ogni tipo di sfrenato orpello e di prezioso ninnolo atto a mettere quanto mai a proprio agio il viandante europeo.
Scontato ma assolutamente sottotono il movimento fisico con pinne, maschere e boccaglio in una scenografia si inusuale ma non all’altezza della dirimpettaia Sharm-el-Sheik, vero paradiso per ogni tipo di essere vivente dotato di capacità subacquee.
L’ultimo ritrovato della scienza e della tecnica permette al calar delle tenebre all’atletico Paul di non esagerare con l’ingigantimento della massa di grasso già ben presente in forma di rotolini e cuscinetti vari, per cui un’infernale macchina tutta tasti e spie luminose provvede bene a farlo correre a sufficienza per smaltire i manicaretti e le prelibatezze dei cuochi egiziani.
Anche questa avventura volge al termine, riceviamo ovviamente l’ennesima fregatura essendo costretti ad anticipare il rientro di ben 12 ore causa inspiegabili problemi tecnici che procurano solamente un lievissimo strato di mestizia su questa splendida parentesi che ci ha permesso di ricaricare le batterie, di scurire l’epidermide, di riempire gli intestini, di aggiungere visti sui passaporti, di godere di una graditissima settimana al mare.