MAR ROSSO - OTTOBRE 2001

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Errare è umano, perseverare è diabolico ed allora, sordi alle turpi previsioni di cassandre pessimiste ed insensibili a minacce terroristiche, decidiamo per l’ennesima e a questo punto pare non certo ultima volta di svernare sul Mar Rosso, ove il leggendario bardo cantore da Voi osannato timbra per la sesta volta in quattro anni il cartellino d’ingresso egiziano.

Dobbiamo pur cambiare qualcosa quindi variazione sul tema e partenza in piena notte da Orio al Serio, bambolina di peluche al non padano che sa individuare l’amena località sul mappamondo, ed indigestione di caldo, tepore e sabbia soffocante nell’arco di pochi giri dell’orologio.

Qualche ovvio ritardo, qualche piccolo e scontato inconveniente organizzativo e prima che il sole si adagi dietro le sommità desertiche del Sinai, apprezziamo il tingersi pastello delle arabesche costruzioni del Coral Bay di Sharm.

Le nostre giornate si susseguono adeguandosi agli usi e costumi locali per cui perdiamo ogni cognizione del tempo, il nostro entusiasmo cresce a dismisura mentre i nostri corpi cominciano a mutare tonalità tra un bagno in multicolori piscine viventi, montagne di corali e branchi, banchi, mandrie di pesciolotti di ogni stirpe e nazionalità.

Non avendo a disposizione grattacieli da cui immortalare paesaggi accattivanti e prospettive suggestive, il buon Caprotti tra l’ignaro e lo gnorri attraversa spiagge e scogliere per intrufolarsi furtivamente nei resort limitrofi giusto per prendere spunto per eventuali prossime gite fuori porta, rientrando comunque ben presto all’accogliente ovile ove incoroniamo personaggio del villaggio l’architetto berbero che ha provveduto a adornarci ed abbellirci le non certo spartane dimore con tende, copriletto, tovaglie e paramenti di pura cartapesta con arzigogoli beduineschi.

Plauso encomiabile all’ospitalità offerta dagli egizi, talmente disponibili, servizievoli, accomodanti da poter essere definiti lecchini, il Coral Bay è a dir poco sterminato, sarebbe più appropriato definirla una cittadina alla cui periferia sorge l’agglomerato del villaggio di Sharm, praticamente impossibile da girare a piedi, viene da noi apprezzato ed ammirato in lungo ed il largo grazie a carriolini stile golf, i cui drivers hanno immediatamente eletto Cocò e Tommy mascotte privilegiate.

Si dice che la coerenza sia una delle virtù basilari di un uomo, talvolta però è anche giusto cambiare idea, non ammettendo comunque di aver sbagliato, per cui è necessario un’errata corrige circa il loco ove stiamo dimorando: dopo neanche un anno dalla convention mondadoriana, che con gesto di assoluta magnanimità verso Voi adorati lettori ho provveduto a non inserire nel mio ormai storico trattato di viaggi intorno al mondo, rivedo il giudizio ora assai più che buono circa la creazione del longobardo Preatoni, il quale tra uno scandalo in Lettonia ed un misterioso business in Estonia, è qui riuscito a creare un corner di più che pregevole fattura architettonica e turistica.

Un’improvvisa e purtroppo dolorosissima debacle fisico-psicologica costringe Annie ad una prolungata sosta ai box per cui Paul si trasforma in Mrs. Dubtfire accudendo ai pargoli in tutte le loro esigenze e forse anche in qualcosa di più, organizzando giochi, incoraggiando nuotate, inventando sketch, riorganizzando guardaroba, preparando merende, scegliendo passeggiate, rientrando alla base mentre su Sharm scendevano le prime ombre della notte.

Sicuramente il periodo dei cammelli grassi è finito anche da queste parti, il villaggio è praticamente deserto, ogni attività ludica-animativa soppressa, ogni escursione sospesa per mancanza di numero minimo di partecipanti stile Parlamento italiano.

Tutto ciò ci rende sempre più padroni della realtà vacanziera, ove grazie a sorrisi compiacenti ed innocenti richieste riceviamo ogni tipo di extra precedentemente non compreso nella già più che modica somma pattuita.

Unica pecca di tanto benessere è l’arrivo della tecnologia purtroppo fino a queste latitudini e con essa anche la tremenda possibilità di vedere uscire dal tubo catodico le immagini del Grande Fratello, con conseguente lavaggio della corteccia cerebrale degli inermi infanti.

Scimmiottando malamente le impeccabili ed oceaniche adunate organizzate da Mao “The President” Cavezzali, il più richiesto pensatore mondiale di special events, il Domina da asilo o meglio esilio alle collezioni alta moda di Renato Balestra, produzioni al limite del paradossale, angosciante, improponibile  che solamente in quanto visionate  “a scrocco” non suscitano lo scatto del nervo allo scurito Caprotti.

Terminiamo il graditissimo soggiorno con l’immancabile set fotografico che coinvolge a turno tutti i componenti dell’allegra brigata che si sottopongono, chi più chi meno consenzientemente all’impressionamento della pellicola, facciamo una gita fuori dei cancelli giusto per restare semplicemente attoniti e stupefatti per il mutamento subito da Naama Bay, trasformatasi nel giro di quattro anni da tendopoli beduina ad attrezzatissima, svilupattissima, illuminatissima carta moschicida per vagonate di turisti ahimè attualmente desaparecidos.

Riesco ad attirare le attenzioni morbose di un pachidermico eunuco siciliano che cerca in qualità di propugnatore di multiproprietà di mostrarmi il fascino e la bellezza del vivere in Egitto, o più propriamente nella sua cameretta out of service per il pubblico femminile e ben contornato da consorte e prole caricata a propulsione atomica  con energia vitale infinita riparto verso quella che viene ventilata come la ghiacciaia milanese.