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Se per ogni gesto e per qualsiasi azione è necessaria una motivazione ecco che accampo la scusante della mia ricorrenza anagrafica per trovare la giustificazione che ci permette di imbarcarci a notte fonda su un aviogetto per una destinazione a tutti noi sconosciuta e per certi versi perfino misteriosa:
la Sicilia è stata lungamente mitizzata prima ancora che ipotizzata ed eccoci finalmente a realizzare l’ennesima fantasia onirica legata al desiderio infinito di scoprire il mondo, in ogni sua latitudine o longitudine che dir si voglia.Il primo impatto con Catania ci lascia un attimo perplessi e dubbiosi, non abbiamo alcuna preclusione, avversione o prevenzione ma gli scooteristi girano tranquillamente senza casco, i cestini per l’immondizia hanno quattro separazioni per finire poi nello stesso unico sacco, le tempistiche per il ritiro dell’autovettura al noleggio sono con attese bibliche e la mancanza assoluta di acquanei bagni, con ovvie conseguenze olfattive e visive, lascia sbigottito ed atterrito il turista che non credeva di aver cambiato continente dopo solo un’ora e quarantaquattro minuti di volo.
Riusciamo finalmente a prendere il largo dalla squallida area aeroportuale per imboccare un’autostrada tanto desolatamente poco battuta e frequentata quanto inspiegabilmente gratuita, prima tappa Siracusa raggiunta in circa trenta minuti dopo aver ammirato la cima fumante e sputacchiante di vapori dell’incombente e dominante profilo dell’Etna, oggi certamente non minaccioso ma comunque sempre maestoso e voluminoso. Il trovare parcheggio è un terno al lotto, anzi una vera e propria vincita multimilionaria, proviamo e riproviamo prima di azzeccare la quaterna corretta sui bastioni esterni della rinomata Ortigia, isoletta che costituisce la parte più antica della città, teorico borgo di pescatori certamente con un suo fascino, forse un pochino eccessivo rispetto alle aspettative, comunque ottimo antipasto di quanto andremo ad assaggiare durante questa sessanta ore in terra sicula. Ci addentriamo nei vicoletti della parte più caratteristica e tipica, non ci pentiamo assolutamente della lunghissima scarpinata sotto un sole estivo e forse ancora di più, al punto che non ci sorprende assolutamente vedere al sette ottobre numerosi bagnanti immergere le membra in un’acqua sinceramente cristallina ed invitante, realtà molto lontana dalla mia tenuta autunnale adatta alla partenza dall’amata longobardia alle quattro del mattino.
Il Duomo ha sinceramente il suo vero perché e ci avvicina in maniera molto approfondita alla full immersion storico, artistica, culturale che ci attende praticamente ad ogni angolo e piè sospinto, se a Dubai abbiamo l’abitudine di visitare ogni tipo di albergo e resort qui non ci perdiamo nessun luogo di culto e di assembramento liturgico, realmente colpiti e sorpresi dalla maestosità di cotanta fede e rispetto spirituale. Il parco archeologico della Neapolis è veramente straordinario, le prime basi furono poste nel quinto secolo A.C. sulle pendici del colle Temenite, per poi essere successivamente adattato ad usi e costumi degli antenati del Pupone Totti, con apoteosi visiva ed emozionale al cospetto del teatro, 67 ordini di gradini scavato nella roccia viva a rappresentare uno di più grandi esempi della grandiosità ellenica in territorio italico, ammiriamo poi l’anfiteatro romano, una delle realizzazione edilizie più rappresentative della prima età imperiale, per poi dedicarci al lato naturalistico che ci offre una serie di cave naturali e di grotte artificiali veramente imponenti, tra le quali l’orecchio di Dioniso, scavato nel calcare per oltre 25 metri di altezza tra incredibili tonalità delle rocce, imponente bacino idrico, maestoso luogo di amplificazione acustica dei suoni e teatro di una serie quasi illimitata di scatti fotografici. Il navigatore satellitare, grandiosa invenzione umana paragonabile solamente al fuoco ed alla coca cola, ci permette di parcheggiare questa volta con quasi irrisoria facilità a Noto, perla artistica del Sud Est siculo, ove giriamo piacevolmente tra stradine circondate da palazzi dal fascino decadente e dall’imponenza ormai scalfita da secoli di abbandono e trascuratezza, nel corso di un pomeriggio caratterizzato da contrasti paragonabili al risultato ottico del mitico polarizzatore che per anni ha modificato immagini e scatti vacanzieri, oggi come oggi assolutamente inutile grazie ad una giornata dalla luce abbagliante.
Il Caffè Sicilia, ai piedi della scalinata della meravigliosa basilica, è onestamente una mini Delusione, pieno zeppo di stranieri alla ricerca del vero gusto delle specialità locali, ci lascia l’amaro in bocca nonostante ci trovassimo in una delle pasticcerie più famose dell’isola, la mitologica granita con brioche non è nulla di eccezionale, i cannoli ripieni di ricotta facilmente rintracciabili in altri esercizi commerciali, il conto sicuramente più salato che dolce.
Marzamemi è una chicca, un bijoux, una bomboniera, un cioccolatino in riva al mare, dodici case di numero appoggiate sul bagnasciuga a tipico utilizzo dei turisti, anche in questo caso prevalentemente extra nazionali, che si ritrovano nell’imbarazzo della scelta nel propendere per la decisione del localino più agghindato e colorato ove sorseggiare l’aperitivo, caro come in Piazza del Duomo a Milano, mentre gli amati raggi solari cominciano a sfiorare parallelamente la superficie marina, in una baietta punteggiata di barchette a remi di pescatori sicuramente più abili nel raccogliere turisti che nell’issare reti dalle profondità mediterranee. Ispica non conta assolutamente nulla, non la rivisiteremo e non la rimpiangeremo, era sulla strada e non potevamo evitarla, ci fermiamo per vedere ovviamente il principale luogo di culto, alla fine del viaggio sicuramente sarà aumentato il tasso di ateismo dell’allegra brigata, e per acquistare alcune leccornie tipiche giusto per il piacere di un souvenir che abbia un senso e due gusti. Modica viene raggiunta al calare delle tenebre, non sappiamo e comprendiamo bene per quale motivo sia stata inserita tra le località meritorie di un plauso dell’Unesco, anche in questo caso abbozziamo ma non condividiamo, è in realtà una piccolissima Matera senza il fascino ed il carisma dei Sassi, comunque il Duomo di San Giorgio e quello di San Pietro meritano una menzione d’onore, apparendo affascinanti nella loro versione notturna. Sollecitati anche dalla padrona della struttura ospitante il nostro riposo nei pressi di Ragusa, preoccupata di non vedere apparire i girovaghi ormai ben oltre l’orario solitamente previsto per il check in, facciamo il nostro ingresso trionfale a Borgo Monachella, bellissima struttura stile masseria con pietre a vista, ove ci fermiamo il tempo di una doccia volante prima di raggiungere il centro del capoluogo per il necessario ed indispensabile sopralluogo turistico in salsa over time. La colazione mattutina ci riconcilia con il gusto dei sapori genuini, vasetti di marmellata di fichi, arance, mandarini, mele e frutta fresca ci fanno piacevolmente scoprire il significato della tanto vituperata alimentazione a centimetri zero, mangiamo, ringraziamo, ci complimentiamo per il tutto (ambiente, accoglienza, rapporto qualità/prezzo) e facciamo rotta verso Catania, sempre con la premiata accoppiata Nico driver l’imprendibile e Tommy assistente infallibile che non manca una svolta e non sbaglia un incrocio, vuoi in mezzo alla desolata ma non troppo spelacchiata campagna sicula vuoi nelle più intricate stradine cittadine. Il primo impatto con la seconda città dell’isola non è dei migliori, loschi figuri e potenziali manigoldi ci sfrecciano accanto su scooter che vedono uno, due o anche tre passeggeri unicamente, esclusivamente e tassativamente senza casco, la legge dovrebbe essere uguale per tutti, probabilmente però non viviamo all’interno dei confini della stessa nazione. Il monastero dei Benedettini ci offre un chiostro di grande suggestione, i corridoi dell’università, riccamente affrescati e piacevolmente adornati di stucchi farebbero venire voglia di studiare anche al più recalcitrante dei ripetenti E Campus, il teatro greco incastonato tra palazzi e condomini ha mantenuto inalterato un fascino magico, iniziamo poi un incalcolabile giro di chiese, basiliche e cattedrali che è diventato il leitmotiv di questa vacanza vissuta a metà ottobre sotto un sole veramente esagerato. Il mercato del pesce, posizionato ai piedi della scalinata che porta in piazza del Duomo, ove troneggia la statua dell’elefante simbolo cittadino, poteva da solo valere la gita in zona, uno spaccato sociale e lavorativo senza paragoni a memoria del descrittore al vertice dei reportage turistici planetari. Ci immergiamo in un mondo incredibile, tra colori, sapori, odori praticamente indescrivibili, ne rimaniamo sbigottiti e stupefatti, attorniati da un vociare assolutamente intraducibile ma al contempo calamitante la nostra attenzione e quella dei nostri telefonini, che non smettono un attimo di immortalare scatti praticamente irripetibili, in particolare in occasione di un pranzo nei vicoli al fianco della Pescaria, gustato in un ambiente genuino e verace all’inverosimile, ove gli involtini di pesce spada con mentuccia, mandorle e pomodorini pachino hanno avuto un sapore ancora più gradito e gradevole. Ci eravamo preoccupati, forse giustamente, a posteriori probabilmente eccessivamente, ma usiamo una decina di occhi per continuare il nostro girovagare in una realtà non delle più sicure ed accoglienti, ma la maggior parte di chi incontriamo è comunque gioviale, educata, rispettosa, sarà comunque quando risaliamo in macchina, dopo aver dato un’occhiata anche a Via Etnea, la nostra Buenos Aires con la particolarità di essere sotto al più alto e potenzialmente incazzoso vulcano europeo (oggi tra l’altro particolarmente sbuffante di fumi e vapori), tiriamo un rilassato sospiro di sollievo. Acicastello merita una sosta solo per un rifornimento idrico, in un pomeriggio veramente caldo e caloroso, la rocca sveva normanna sullo sperone di roccia è maestosa ed imponente ma tristemente abbandonata ed irraggiungibile, il mare sottostante limpido ed invitante al punto che il suo richiamo irresistibile ci porta a prendere una barchetta insieme ad un pescatore dalla pancia estremamente prominente, per girare intorno ai faraglioni dei Ciclopi che la leggenda vorrebbe visitati da Ulisse nel suo eterno peregrinare e poi magistralmente descritti nell’ambientazione dei Malavoglia di verghiana memoria. Acireale registra una nostra fermata per circa dieci minuti, tempo di ammirare con il naso in su gli straordinari affreschi della volta della Cattedrale della Santissima Annunziata, la meravigliosa Piazza del Duomo, il passabile terrazzo di Villa Belvedere e via verso Taormina, teoricamente penultima tappa del nostro massacrante tour de force, al momento assorbito con irrisoria facilità e serenità. L’ Hotel Villa Greta Suites domina dall’alto tutto il golfo che si apre fino alle spiagge di Giardini Naxos, con in lontananza addirittura i primi contrafforti della costa calabra, entriamo in un’accogliente cameretta vista orizzonte, giusto per prendere nota della vittoria della attualmente claudicante squadra del nostro cuore e ripartiamo velocemente verso la sommità della montagna che ci sovrasta, ove Castelmola viene inserito, personalmente con troppa enfasi e poca ragione, nell’elenco dei borghi più belli della nostra meravigliosa e favolosa Italia, sempre più da considerare il paese migliore al mondo. Taormina è incredibilmente affollata, piena di turisti, di curiosi, di viaggiatori che ne riempiono in ogni ordine di posto ristorantini, localini, baretti, in un contesto sinceramente intrigante ma non degno della nomea planetaria che la fa citare come una perla di rara bellezza ma onestamente da ricordare per qualche bello scorcio e alcuni suggestivi angolini del corso principale, una via di mezzo tra Capri e Portofino, il resto è facilmente dimenticabile e non necessariamente descrivibile. In tutta questa fantastica avventura, ricca di bellissime emozioni, di straordinarie sensazioni, di suggestivi paesaggi, di memorabili visite che arricchiranno il nostro bagaglio umano, personale e culturale, ci doveva pur essere una pecca, un inconveniente, un ostacolo insormontabile ed allora un’errata indicazione data dall’onnisciente realtà googoliana ci porta a scontrarci con l’ottusità di un guardiano che, per una manciata di minuti di ritardo sull’orario indicato sul cartello, ci impedisce l’accesso al Teatro Greco, vero e proprio fiore all’occhiello di una cittadina a posteriori probabilmente non indimenticabile. Ci riproveremo, il tentativo è stato fatto, rifatto ma l’ominide preistorico non ha certamente avuto la disponibilità, la cura e l’attenzione verso l’ospite dimostrata più o meno da tutti coloro che abbiamo incontrato in questa sessanta ore di maratona che ci ha visto venerdì superare i 23782 passi, seguiti poi dai 20332 di sabato, dire che stiamo con i piedi in piedi non sarebbe corretto. Lauta colazione vista golfo di Giardini Naxos, con al lato destro il sempre sbuffante cratere etneo, plauso alla location alberghiera che abbandoniamo ancora nel torpore domenicale per fare rientro al rent a car di Catania, in mezzo ad accampamenti di zingari e ad abitazioni molto simili alle favelas brasiliane, saliamo su un pullman, meglio considerabile come una mitica corriera per ritornare sui nostri passi fino al traguardo di Ragusa, ove ci aspetta l’ultima tappa, la visita di Ibla, quartiere cittadino simile ad un borgo antico, assai pittoresco, quanto mai attraente, estremamente fotografabile ma onestamente vivibile, per i nostri gusti ed abitudini, per non più del tempo necessario alla abituale mezza maratona giornaliera, nulla di più nonostante abitazioni alquanto caratteristiche, ormai abituale tour di edifici religiosi di cui abbiamo fatto indigestione, clima meraviglioso e giudizio globale di assoluto rilievo. Siamo ai titoli di coda, più che altro siamo sulle ginocchia, ci trasciniamo sui gomiti ma abbiamo portato a termine una vera e propria impresa, dodici paesi visitati in due giorni è un qualcosa da Guinness dei Primati ma ci siamo riusciti quasi in scioltezza, pronti, reattivi e scattanti per il prossimo capitolo di un diario di viaggio che non vorremmo mai terminare.