SUDAFRICA - DICEMBRE 2013

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In una giornata talmente uggiosa da risvegliare la vena pessimistica del piu' intimistico Lucio Battisti lasciamo l'insistente acquerugiola brianzola con un'umidità da bagno turco e ci avviamo molto, molto lentamente a Case Nuove con l'implicito desiderio di raggiungere il terminal 1 delle partenze aeree della brughieria lombarda. Hanno costruito un nuovo terminal, predisposto decine di fingers ma sarà la crisi, sarà il tempo, sarà il governo ladro, di gente in giro se ne vede veramente poca, tendente al pochissimo. Per la prima volta in vita nostra non soffriamo brividi surgelati in volo, anzi la tratta Milano - Doha avviene in un tepore quasi esagerato che ci coccola quasi quanto le fin troppo premurose ed eccessivamente sorridenti hostess della Qatar Airways, arriviamo alla prima destinazione alle cinque del mattino, in un aeroporto immenso, eccessivamente sterminato, pavesato a festa per l'ennesima, ormai abituale e ricorrente sconfitta nel derby della seconda squadra di Milano Cambiamo aviogetto, veniamo posizionati dietro, dietro che piu' indietro non si può di un Boeing 777 pieno come un uovo e dando un caloroso arrivederci a settimana prossima ad una Doha che si prospetta molto fotografabile sorvoliamo Golfo Persico, penisola arabica e tutto il continente nero per giungere alle cinque e mezza del dopopranzo a Citta' del Capo dopo stop over tecnico a Johannesburg. Nostro malgrado ci vediamo costretti alla piaggeria più bieca nei confronti di Zia Betty ed allora, dopo il primo schiaffo veramente caldo ricevuto in terra africana appena poggiato piede al suolo, eccoci alle prese con un'iniziale ripasso di tutte le regole viabilistiche causa assurda ed inconcepibile guida a destra. Sinceramente non e' facilissimo adattarsi e i mugugni e le continue lamentele da parte degli insofferenti passeggeri circa il mio lento procedere ne sono la testimonianza più evidente. L'Icon Luxury Hotel oltre essere tatticamente estremamente ben ubicato ci offre stanze spaziose, luminose e decisamente accoglienti per il nostro meritatissimo riposo conciliato non prima della necessaria visita al Watefront, serie di banchine totalmente ricoperte,riviste e disseminate di ogni fattispecie di locale, ristorante,shop, esercizio commerciale. Ci svegliamo carichi come molle lissonesi made in Scotti, bighelloniamo nei viottoli di Boo Kaap, quartiere malese rinomato per gli sgargianti colori utilizzati per ravvivare semplicissime abitazioni senza arte ne parte, ora comunque ben più accattivanti. Annie ovviamente non ha alcun tipo di difficoltà di ambientamento e di orientamento, dopo aver prenotato ogni tipo di servizio e di facilitazione ci guida praticamente ad occhi chiusi verso il Capo di Buona Speranza che raggiungiamo dopo un'oretta tranquillissima in cui visitiamo anche la rinomata Simon's Town, in realtà banale paesino con eccessiva reputazione turistica lungo la strada maestra. Il tempo e' splendido ma come spesso, quasi sempre, capita da queste parti le correnti fredde dell'Atlantico mal si sposano con i caldi venti provenienti dall'Oceano Indiano ed allora la temuta tovaglia, coltre di nebbia che solitamente ricopre ed apparecchia la Table Mountain, ci segue come la nuvola di Fantozzi, ostacolando il necessario funzionamento della Nikon affamata di novità.

Ci inerpichiamo come capre di montagna, dando ragione al nostro cognome, verso il faro di Cape Point, raggiunto con il fiato corto e con il battito cardiaco accelerato, quest'ultimo a causa di una numerosa colonia di fastidiosissimi babbuini che assolutamente incuranti di un ranger che li prendeva a fiondate si avvicinano molto maldestramente agli inermi turisti, talvolta stizziti da cotante indesiderate attenzioni (non ripeto per diritto di privacy gli improperi loro rivolti dall'angelico Tommy ) Il panorama e' mozzafiato, l'incontro dei due oceani evento irripetibile, l'emozione palpabile, i pensieri fluttuano a ruota libera portati da un vento che ci riempie i polmoni, l'anima ed il cuore. Scendiamo al Capo di Buona Speranza, incontriamo a pochi centimetri dai nostri musi diversi struzzi allo stato brado, saliamo non senza difficoltà su speroni di roccia a strapiombo su un mare tumultuoso ed assai rumoroso che permea in noi il concetto di potenza, maestosità, infinità . Torniamo verso Cape Town, la spiaggia di Scarborough e' una sorpresa paradisiaca, il nulla assoluto con arenile bianchissimo e onde spumeggianti ci lascia basiti e stupiti, tanto quanto il meraviglioso susseguirsi di curve lungo il costone del Cheapman's Peak, prima di ricevere il colpo finale per quanto riguarda la nostra ottima valutazione del tutto grazie alle due spiagge cittadine di Clifton e Camps Bay, veri gioielli incastonati in una regione che ci sta lasciando quanto mai affascinati. Ad oggi mi sembra abbastanza difficile poter tirare delle conclusioni, il fascino del luogo e' la simbiosi fantastica tra una natura in molti aspetti e scorci ancora incontaminata ed il susseguirsi di costruzioni umane comunque interessanti e mai esagerate,passando cosi da quartieri che uniscono caratteristiche dell'eleganza della Costa Azzurra, dello sfarzo di Miami, del fascino di Mikonos, della natura di Acapulco. Una mattinata a dir poco accecante ci costringe ad un risveglio anticipato, prepariamo di gran carriera armi e bagagli, consumiamo una colazione natalizia veramente con i fiocchi e puntiamo decisi verso oriente, osserviamo la Table Mountain in tutta la sua celeberrima orizzontabilità piatta, imbocchiamo la Great Ocean Drive, serpeggiando lungo l'Oceano Indiano in direzione Port Elizabeth, meta della nostra escursione in terra sudafricana. E' pazzesco il continuo cambiamento di tutto quello che ci viene propinato da un paesaggio in perenne mutamento, passiamo da verdi declivi a fitte foreste di abeti, da sterminati filari di vigneti a rigogliose piantagioni di alberi da frutta, il tutto però punteggiato da squallide bidonville e tristissime baraccopoli, oltre tutto cintate per lasciare ancor più fuori dal mondo una realtà che non dovrebbe esistere nel ventunesimo secolo. Arriviamo ad Hermanus, straordinaria località balneare in cui tutto sembra studiato, progettato e soprattutto realizzato per infondere la quintessenza della serenità, della tranquillità, del benessere, con splendide magioni direttamente affacciate sull'immensa vastità prospiciente, tra l'altro rinomata in tutto il mondo per essere l'unico luogo del pianeta ove sia possibile avvistare le balene dalla terra ferma. Passiamo un fantastico pomeriggio in spiaggia, facciamo comunella con popolazioni autoctone lanciandoci in plurime disfide a beach volley, direttamente ai piedi di costoni rocciosi che degradano sul bagnasciuga, contornato da prati e boschi di un verde abbagliante. Rientriamo nella nostra dimora, trattasi di splendida residenza coloniale curata con maniacale dedizione e precisione dalla proprietaria di chiare origini teutoniche, prima del compimento del rito della cena di Natale che degustiamo in un bellissimo locale a picco sulle scogliere, facilmente riconducibile all'immaginario californiano o australiano, sentendo odori e rumori del mare ed assistendo ad una mostruosa abbuffata dl Nico, capace di ingurgitare ogni tipo di leccornia, contornata da salse piccanti e da guarnizioni spacca budella. Potrebbe apparire addirittura assurdo ma una punta di malinconia si impadronisce di noi al momento della colazione che ci viene servita, con ogni tipo di attenzione, sulla veranda della villa di Hermanus: siamo affascinati dal gusto, dalla raffinatezza, dallo charme con cui veniamo accolti e coccolati nonostante abbiamo deciso di passare una sola notte qua. Satolli per un petit dejeuner caratterizzato dal di tutto e dal di più ci spariamo tutto di un fiato i trecento chilometri che ci fanno rivedere l'oceano in tutta la sua grandiosa maestosità, dopo un refeel di benzina alla metà delle quotazioni europee a Svellendam, inutile agglomerato urbano privo di qualsiasi spunto ed un inserimento di calorie a Mossel Bay, ancor più evitabile cittadona al principio di uno splendido golfo fin dal primo impatto veramente attraente ma qua decisamente mal organizzato e strutturato. Ci rifacciamo con gli interessi a Wilderness ove troviamo rifugio in una splendida villa sia architettonicamente che logisticamente che lussuosamente rifinita in ogni più minimo dettaglio, Annie probabilmente non si sta rendendo conto di aver sbagliato numero di plastica fantastica, credendo ancora di usare quella giapponese del nostro amico recentemente immigrato nel paese del sol levante in cerca di fortuna. La scogliera ove siamo abbarbicati e' una spettacolare terrazza che domina l'orizzonte a perdita d'occhio, proviamo a scendere lungo un impervio e scosceso promontorio irto di difficoltà perigliose, tocchiamo con mano una spiaggia selvaggia e totalmente a nostra disposizione, prima di mettere la gambe sotto al tavolo di uno splendida balconata ove gustiamo pesce stratosferico, a prezzi ridicoli, sotto una coperta di stelle luminosissime. Dire che abbiamo voglia di lasciare Wilderness sarebbe pura eresia, schiodare i pargoli e' stata un'impresa titanica, favorita solamente dalla solita colazione da urlo, ma the trip must go on ed abbiamo ancora tanta strada davanti a noi, cominciamo con Knysna, molto pomposamente ribattezzata la Saint Tropez d'Africa: penso sinceramente che certa gente dovrebbe sciacquarsi la bocca prima di pronunciare certe nefandezze, il posto e' sinceramente carino, all'interno di una baia creatasi a forma di placida laguna, piena zeppa di ristorantini, bottegguccie senza pretese e solcata da ogni tipo di attività di ludico intrattenimento, ma da qua al solo paragone peste li colga. Plattemberg invece merita un plauso ed un circolino rosso, il tempo ci e' dannatamente tiranno, ma un giorno invece che un'ora in loco sarebbe stato quanto mai gradito ed apprezzato: la Main Street promette eleganza, divertimento ed un'ottima accoglienza, ancor prima di giungere coi piedi nell'oceano, qua caldo, invitante e molto accattivante. Maciniamo chilometri lungo la Highway N2, nastro di asfalto tenuto in maniera impeccabile, non ci fermiamo mai, teniamo una media molto sostenuta, rimaniamo sorpresi dai ringraziamenti luminosi di coloro che facciamo passare lasciando strada libera, ci chiediamo stupefatti come facciano gli autostoppisti a sperare di fermare qualcuno lungo l'autostrada offrendo qualche banconota e, dopo la solita merenda del primo pomeriggio questa volta di fronte allo spiaggione da doppia stella di Jeffry's Bay, giungiamo con un'ora di ritardo sulla tabella di marcia stilata sei mesi fa in Italia a Port Elizabeth, ove per la prima volta fatichiamo a trovare il giusto svincolo di uscita, con conseguente peregrinare in quartieri tutt'altro che consigliabili. Tutto e' bene ciò che finisce bene e dopo diverse location dal gusto e dallo stile vittoriano, eccoci nell'ultramodeno confort di un Radisson Blu da rivista di architettura, ovviamente null'altro che AD.

Piccolo inciso sulla popolazione ivi incontrata: in maniera neanche troppo velata esiste ancora un'evidente sproporzione umana, politica, sociale ed economica tra i due ceppi e tra le due stirpi, i visi pallidi hanno certamente ancora in mano le leve del potere e certi luoghi, locali o semplicemente spiagge denotano una spaccatura molto difficilmente rimarginabile. Il boero e' burbero, scontroso, altezzoso, un mix tra il crucco ignorante e l'inglese snob e puzzone, sono in genere tutti biondi, lentiginosi e dagli occhi di ghiaccio, guardano ancora i teorici connazionali con distacco per non dire astio e non fanno mancare su nessuna loro abitazione un cartello a caratteri cubitali in cui avvisano che spareranno a vista verso tutti coloro che si avvicineranno alle loro proprietà. Le persone di colore sono invece estremamente riverenti e timorosi, ricoprono ovviamente le mansioni più umili e dimenticate, sono spessissimo addormentati lungo i bordi delle strade, mi si rivolgono con educati sillogismi quali Chief, Boss, Gentleman, Sir comunque ben lontani dall'ossequioso Milord con cui vengo interpellato negli Emirati.

E' giunto il grande giorno, il momento cosi a lungo atteso mentre per mesi favoleggiavamo su quanto avremmo visto e vissuto in questa avventura africana, arrivando finalmente all'ingresso dell'Addo National Park, la riserva con la più alta concentrazione mondiale di mammiferi proboscidati, più semplicemente conosciuti come elefanti. L'emozione e' tanta, ci sembra di sognare alla sola idea di rivivere le sensazioni meravigliose vissute anni ed anni orsono in Kenia, però e' tutto vero e non ci lasciamo scappare un solo grado di visuale dell'orizzonte alla continua ricerca di movimenti e di spostamenti animali.

Di fronte a noi, sinceramente non senza qualche difficoltà di ricerca nella vastità di un bush abbastanza impenetrabile, vediamo comparire di volta in volta eleganti zebre, possenti bufali, leggiadre gazzelle, scattanti antilopi, maestosi leoni, fino al meraviglioso apparire di questi giganti enormi, vere e proprie montagne semoventi che incutono rispetto, soggezione ed un minimo di timore come nel caso di una nostra eccessiva vicinanza che sembra aver dato al nervo al gigante non sempre buono.

Percorriamo decine di chilometri di sterrato sempre sorpresi per ogni differente immagine, visione, prospettiva che rimarrà certamente impressa nelle nostre menti, nei nostri cuori e nei file dei nostri device messi veramente a dura prova.

 Pur con tutta la buona volontà possibile non riusciamo trovare assolutamente nulla di bello, di attraente, di fotografabile nella realtà di Port Elizabeth, considerabile solo ed esclusivamente come campo base per i safari all'interno del parco, proprio per dovere famigliare facciamo qualche acquisto tipico sulle bancarella del lungomare, ci rifiutiamo di visitare una riserva animale vivamente consigliata in loco ma in realtà' vero e proprio zoo lager contenente addirittura tigri in terra africana!!

Arriviamo pertanto con infinito anticipo all'imbarco, facciamo i compiti delle vacanze, ci accomodiamo su un gabbiano volante ad elica e dopo un'ora e venti di sorvolo delle coste oceaniche a noi già tanto care tocchiamo terra sulla penisola del Capo, ritiriamo da Thrifty una macchina ancora incellophanata, senza targa ed addirittura di categoria superiore a quanto prenotato e finalmente riusciamo al terzo tentativo a mettere le gambe sotto il tavolo della famosa catena di ristoranti Col Cacchio ove la specialità più richiesta e' la pizza prostituto, a voi miei adorati quattro lettori di manzoniana memoria ogni commento.

L'ultimo buen ritiro in terra africana, anche se tutto si potrebbe dire della repubblica dell'ovunque osannato Mandela tranne che siano visibili tracce di come noi ipotizziamo e sogniamo il continente nero, e' nel quartiere residenziale di Pinesland, tranquillissimo insieme di villette proprio ai piedi della decantatissima Table, che ci sovrasta finalmente sgombra di nuvole nebbiose.

Oggi, data della partenza, ci facciamo male all'epidermide causa giornata mostruosamente bella ed al morale in quanto, dopo una visione dall'alto della città alla partenza della funivia per la Mountain, presa semplicemente d'assalto nonostante il costo proibitivo ( primo caso di prezzo elevato in un paese assolutamente convenientissimo) di quasi 40 euro a capa per la risalita, ci spaparanziamo al sole di Camps Bay immediatamente inserita nella short list delle cinque spiagge piu' belle al mondo.

E' ora di consuntivi, bastano poche parole, il Sudafrica e' splendido, ben aldilà delle più rosee aspettative, non abbiamo avuto il ben che minimo problema, nonostante ipotetiche tensioni politico-sociali, la gente e' estremamente accogliente, i costi quanto mai contenuti, i paesaggi straordinari, i ricordi nitido, emozionanti, indimenticabili.

Preparandomi a pagare i diritti d'autore al creatore della classifica delle mitiche statuette dorate, ecco ora un breve sunto delle candidature: Oscar all'organizzazione ad Annie per la precisione, la meticolosità e la perfetta combinazione di visite, transfer e coincidenze in una terra assolutamente sconosciuta, Oscar all'alimentazione a Nico capace di costringere i suoi succhi gastrici a delle guerre giornaliere con quantità di cibo veramente indecente soprattutto se poi guarnite e condite come da lui prescelto, Oscar dell'integrazione umana e sociale al Tommy per la sua disponibilità alla comprensione dei problemi e delle difficoltà autoctone, corredate da frasi al vetriolo tutt'altro che politically correct, Oscar all'informazione per il vostro cantastorie che, anche in questa occasione, non lesinerà, per la vostra gioia ed il vostro gaudio infinito, immagini e descrizioni di questo strepitoso viaggio.