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Talvolta certi sogni reconditi custoditi nei meandri più nascosti delle nostre menti e del nostro inconscio possono vedere la loro concretizzazione nella maniera più improvvisa, inaspettata, imprevedibile ed ecco allora che un viaggio così a lungo cullato prende forma in men che non si dica, una rapidissima scorsa all’ormai indispensabile mondo virtuale che tutto fa, tutto propone, tutto risolve ed in occasione un ponte sfruttato al meglio, dopo rapido svaccamento quasi all day long al sole del levante ligure, maledizioni ed improperi a parte per un traffico a dir poco demoniaco, mai incontrato e vissuto in oltre mezzo secolo di trasferimenti in loco, partiamo di mattina abbastanza presto verso il quasi nulla, o meglio in direzione dello sconosciuto, del mai trattato, del solo ipotizzato.
L’idea di scoprire l’entroterra toscano mi balenava da anni ed anni, mi sono rifatto gli occhi da sempre all’idea di quegli scatti che ritraevano colline colorate, distese infinite, paesaggi da cartolina ed allora basta, si deve fare e si fa, pieno di gasolio che ormai costa come un diamante e la Versilia viene solamente lambita per addentrarsi alle spalle di luce e lustrini tanto in voga nella scintillante Forte dei Marmi.
Il primo contatto con il volersi raccapezzare soli soletti, senza navigatore, senza le mitiche mappe del Touring lasciate a casa un po’ per dimenticanza un po’ per spirito selvaggio di vagabondaggio, si rivela disastroso e la rotonda di Empoli ci vede girarci intorno qualche volta di troppo prima di comprendere la corretta via maestra.
San Miniato non era in previsione ma il cartello stradale ce lo indica e non possiamo fare a meno di colazionare sulla piazza principale, in un clima di assoluta serenità, tranquillità, beatitudine che non ci appare vero e verosimile, sensazioni ancor più vissute ed apprezzate quando decidiamo, grazie ad un’occhiata da macchina in movimento, di raggiungere un borgo fortificato intravisto alla sinistra del percorso.
Non sapevamo cosa fosse, non abbiamo trovato indicazioni in merito, non eravamo in grado di geolocalizzarlo sui nostri device ed allora la visita a Certaldo Alta è stata ancora più imprevista, gradita ed apprezzata, in un contesto sinceramente lontano anni luce dal caos e dalla frenesia meneghine.
Siena non ha bisogno di presentazioni ma solo di congratulazioni, è affascinante, splendente, magnetica, la Piazza del Campo emana un calore ed un’emozione senza pari, ma è tutta la città ad essere incredibilmente piacente, tra scorci che faranno venire brividi di emozione non solo a noi ma anche alla moltitudine di stranieri che finalmente sono tornati a popolare le nostre meravigliose città e a rimpolpare le nostre esangui casse turistiche.
Il Duomo è stato poi il colpo basso alle nostre emozioni, reazioni e sensazioni, la maestosità incute quasi timore, gli ornamenti sono stupefacenti, non nel senso letterale della parola, gli affreschi, i capitelli, le cupole, le cappelle un qualcosa di sbalorditivo, la libreria Piccolomini è un gioiello di inestimabile valore, unica pecca molto evidente la cromia del colonnato, strisciato di bianco nero, decisamente e totalmente fuori luogo e fuori contesto.
Puntiamo Arezzo ove arriviamo nel tardo pomeriggio, la cittadina è in realtà molto deludente, poco attraente e le note di plauso possono scattare solo al cospetto della Basilica romanica di Santa Maria della Pieve con prove di notevole concerto classico incluse nell’ingresso, nella Piazza Grande più decantata che apprezzata, ma comunque molto originale alla luce del suo dislivello architettonico, nel Duomo più mastodontico che emozionante ed in San Francesco, ove ritroviamo la leggenda della Vera Croce di Piero della Francesca, una delle più importanti espressioni della pittura italiana, fonte di ispirazione per centinaia di artisti a venire.
Cortona è un bijoux, o per meglio dire una perla incastonata nella collina con una realtà ai confini del comprensibile: la pace regna sovrana, il silenzio è praticamente assoluto, le strade pulitissime, i palazzi antichi maestosi e grandiosi, l’atmosfera nel suo complesso quasi irreale.
Personaggio del giorno sicuramente la proprietaria della Suite Ginevra, una signora annoiata e svampita che per pura diversificazione degli investimenti ha deciso di acquistare e trasformare in dimora per viandanti un appartamento sui tetti che si è rivelato comunque una vera bomboniera, consigliatissima e raccomandatissima, preferibilmente senza dover attendere la consegna della chiavi direttamente da parte della palazzinara.
Dopo una cena nel tipico ristorante toscano, a base di cibarie quanto mai genuine ed una colazione nella piazza principale di questo magico borgo che si stava popolando di bancarelle per un mercatino certamente non triste e squallido come quelli che punteggiano le nostre vicinanze, iniziamo una giornata che se non prevederà gli oltre dodici chilometri fatti a piedi ieri, ovviamente tralasciando i quattrocento caricati sul gobbone dell’utilitaria, sicuramente ha in calendario un tour de force tutt’altro che da slow motion: iniziamo con Montepulciano, bella, bellissima, arroccata ovviamente in cima ad una collina che, affrontata sotto il sole cocente dell’una di una giornata pazzescamente assolata, ci ha fatto vedere i cosiddetti sorci verdi ma ne valeva indiscutibilmente la pena.
Scendiamo verso Pienza e qui scatta il top, il massimo, il the best: svoltiamo in una mitica strada bianca, percorriamo circa cinque chilometri di sterrato, nell’oblio più assoluto, giriamo la testa come dei camaleonti, vorremmo avere mille occhi, ci si strozza sinceramente il fiato in gola e ci manca il respiro davanti a simili vedute, la natura garantisce degli scorci mozzafiato ove l’uomo, almeno in questo caso, è veramente solo partecipe passivo e non protagonista.
Pienza è veramente notevole ed incantevole, proprio quello che ci si può aspettare ipotizzando un borgo di poche anime nel bel mezzo della Val d’Orcia, mura antiche, chiese bellissime, ristorantini come se non ci fosse un domani e quel giusto numero di scatti fotografici che non guasta mai.
Bagno Vignone è semplicemente meraviglioso, quattro casali intorni ad una sorgente che aspetta solamente di essere fotografata, filmata, immortalata e non saremo certamente ne i primi ne tantomeno gli ultimi a farlo, con grande stupore ammirativo.
San Quirico d’Orcia non merita la nomea che la precede, la tappa è d’obbligo ma sicuramente sono i dintorni a farla da padrone, con saliscendi collinari che sembrano tavolozze di colori dalle più disparate tonalità, veramente da menzione la Chiesetta della Vitaleta, raggiungibile dopo una camminata al tramonto, tra campi di grano appena mietuto, solo il fruscio delle spighe piegate dal vento e la necessità di affermare che tutto questo è una favola .
La strada, piuttosto tortuosa e curvosa che ci porta a Buonconvento ci permette altri panorami memorabili ed indimenticabili che aggiungiamo al nostro bagaglio di esperienze che ringrazia sentitamente, l’agriturismo Percenna è per me una sorpresa assoluta, mai vissuta una simile esperienza, sicuramente rifattibile e riproponibile: la famiglia ospitante, oltre a delle pietanze veramente squisite e prelibate, offre uno spaccato da film di Pieraccioni, con sei figli, tra cui una ragazza tuttofare che non sta zitta neanche quando dorme ed un cugino non del tutto registrato che appare come la macchietta del casale.
Mattina più soft, la stanchezza comincia a farla da padrona, io da eterno e arcinoto astemio cronico non posso che fare una tappa forzata a Montalcino, vedendo un qualcosa totalmente a me misterioso e incomprensibile: la smania per non dire fobia generale per il locale nettare divino che viene proposto a cifre esorbitanti ma così è, se volete la qualità la pagate, Vito dixit.
Sant’Antimo, consigliato, per non dire obbligatoriamente con imperativo categorico imposto da pareri famigliari, è la cosiddetta ciliegina sulla squisita torta, una abbazia che trasuda spiritualità pace, tranquillità e serenità da ciascuno dei massi che vennero posti per erigerla nel lontano ottocento e che ancor oggi rendono questo luogo un qualcosa di indescrivibilmente unico, in un panorama agreste e bucolico di straordinaria bellezza, ovviamente nel silenzio più assordante .
Mai domi optiamo per una capatina in Chianti, si sa è lungo la strada pensavamo, Castellina ne è la porta di ingresso, ove Cri getta la spugna veramente esausta e con i polpacci in fiamme nonostante il motto barcollo ma non mollo, ci fermiamo pertanto per il suo indispensabile rifornimento alimentare a Radda, terminando il tour a Greve, sarà la spossatezza, sarà il caldo, sarà quel che sarà, ma personalmente lo scrivente di questa novella è certamente più propenso a premiare con la massima valutazione la Val d’Orcia se paragonata alla pur sittanto rinomata zona di produzione vinicola famosa in tutto il mondo.
Smoderato piacer termina in doglia, soleva favellare Giovan Battista Marino fin dal lontano milleseicento ed allora il conto ci viene presentato con interessi da strozzino, da usuraio, con un rientro che senza alcuna giustificazione e motivazione ci vede trascorrere sette ore sotto un sole mefitico, oltretutto senza aria condizionata, per un esodo biblico Firenze-Milano che comunque non scalfisce ed attenua il piacere immenso di una vacanza assolutamente memorabile