TUNISIA - MAGGIO 2001

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Ripercorrendo le tracce degli ottocenteschi esploratori stile Livingstone e Burton aventi il chiodo fisso del continente nero, nove giorni dopo aver fatto ritorno nell’amata repubblica cisalpina, affronto la trasvolata mediterranea per cercare di comprendere il significato del famoso “mal d’Africa”.

Con qualche grande differenza rispetto ai miei avi nomadi, approfitto degli agi, dei lussi e dei vantaggi consumistici dei grandi tour operator per spaparanzarmi al sole della Tunisia, violando un sacro tabù che prevedeva di non tornare mai sui propri passi vacanziferi.

Il pianeta terra è realmente molto grande, tutto da scoprire e da assaporare, ma quando rimettiamo piede al Venta Club di Djerba concordiamo senza alcuna remora che qualche eccezione deve essere concessa e che il mare, il clima, il servizio e l’albergo nostro rifugio per l’ultima settimana di maggio sono assolutamente perfetti.

C’è poco  da fare, molto da mangiare, tanto da riposare per cui Annie e Paul si travestono da bimbi leggermente cresciuti e partecipano, con grande spasso e un po’ di vergogna da parte dei veri pargoli piuttosto attoniti per simili genitori, ad ogni tipo di intrattenimento ludico, tra risa, lazzi e sprazzi di lucida follia.

Sembriamo quindicenni alla prima vacanza senza genitori, ridiamo, scherziamo, giochiamo fino a quando, con stoico sprezzo del timore, Annie sfida i turbini ventosi e si gode l’orizzonte infinito trascinata da un motoscafo sopra i nostri nasini rivolti all’insù.

Dire che abbia un futuro da paracadutista mi sembra per lo meno azzardato, comunque l’attimo fuggente è trascorso e l’esperienza impressa indelebilmente su stampe fotografiche, nastro di telecamera e ….carta genica.

Molto, ma molto prima che il gallo cantasse, al grido di “vedele male”, il duenne Tommy ci ribaltava  dai comodi giacigli dando inizio mediamente alle 6,30 alle splendide giornate di sole, sole, sole inframmezzate solamente da intervalli culinari pantagruelici: cascate di frutta, montagne di verdura, castelli di torte, pianure di pasta, colline di carne ed ovviamente

mari di pesci allietavano vista, olfatto e gusto.

Circondati da battaglioni di rozzi bresciani e rustici bergamaschi, rappresentanti di ogni valle o dirupo delle prealpi lombarde, stacchiamo ogni legame o contatto con il mondo al di fuori dei cancelli del paradiso tunisino e godiamo oltre ogni limite della meravigliosa formula “all inclusive”.

Sette giorni sono volati e nello splendido aereo della Tunisair che ci riporta al dovere milanese capiamo che una nota sempre più malinconica e struggente ci assale rivivendo i magici momenti vissuti dai quattro Caprotti durante il secondo soggiorno all’Helios Club.